Bossi va alla guerra del camembert ma frena sulle armi «Giusto boicottare i prodotti francesi». Però è cauto sull’uso della forza e sull’uscita dalla Ue: «Prevarrà il buon senso»

RomaNo alla guerra a Gheddafi, si alla guerra al Camembert e ai dischi di Carla Bruni. Il generale Bossi arriva dopo che dai suoi colonnelli sono arrivate bordate di grosso calibro. Maroni, irritato dalle ambiguità dei partner europei, ha lanciato un anatema contro l’Europa. Castelli, invece, ha scomodato gli arsenali per fronteggiare l’invasione (ma solo per legittima difesa). Il capo della Lega, dopo essersi sentito con Maroni, fissa l’ordine del giorno leghista: calma e prudenza, soprattutto con i cosiddetti ribelli libici, perchè non si sa come andrà a finire laggiù, e «noi abbiamo il problema del gas e del petrolio». Quindi, dice Bossi, «io sarei più cauto, dobbiamo trattare con chi vince in Libia», ma quando sarà ben chiaro chi è il vincitore. Stessa preoccupazione che nutre il ministro dell’Interno, «d’accordo al 200% con Bossi» anche sui contatti con i ribelli. La Lega continua ad essere molto scettica sull’intervento in Libia, anche perché «la nostra Costituzione dice che non possiamo bombardare» ripete il leader padano. Il principale accusato è l’Europa, doppiopesista ed egoista secondo gli uomini del Carroccio. Anche qui Bossi si incarica di abbassare i toni, dicendo che «anche l’Europa si sta muovendo». Non abbastanza però, «basterebbe che mettessero le navi davanti alla Tunisia, qualcosa devono fare», qualcosa che ancora non hanno fatto. In queste crisi sono i colonnelli, non Bossi, ad alzare il tiro contro «Bruxelles ladrona». Lo fa per esempio Davide Boni, presidente leghista del Consiglio lombardo, incaricato di farsi portavoce presso i nostri parlamentari europei italiani di una linea di azione comune per fronteggiare l’emergenza immigrazione e per distribuire i profughi tra i vari paesi Ue (la burden share). Boni parla (dando voce quel che pensa la Lega) di una Ue «doppiopesista», che «difende le grandi banche, le lobbies dell’alta finanza e i grandi gruppi», mentre dimentica i piccoli.
Al top delle antipatie leghiste c’è la Francia, colpevole due volte sulla Libia: interventista (per gas e petrolio) e poi egoista (sull’accoglienza degli immigrati). Tanto che, per Bossi, diventa «giusto boicottare i prodotti francesi, visto che anche i francesi hanno boicottato il latte padano. Chi la fa l’aspetti...». Con la Francia (e con Belgio e Germania) ce l’ha anche Maroni, che non ha gradito affatto le «prove muscolari» sul respingimento anche dei tunisini provvisti di permesso temporaneo. Anzi il nervosismo dei «cugini» dimostra proprio che quei ventimila profughi «possono circolare liberamente nell’area di Schengen con i permessi che stiamo rilasciando - dice il ministro dell’Interno -. L’unico modo per bloccarli sarebbe sospendere Schengen, mi auguro che non si arrivi a questo. Quella sarebbe la fine dell’Europa». Frase che attira la risposta di Marine Le Pen, incubo elettorale di Sarkozy: «Dobbiamo chiedere con urgenza la sospensione dello spazio Schengen - spiega la leader del Fn -. Quanto all’Italia «i fatti mi hanno dato ragione. L’Unione europea non ha fatto nulla. Capisco Berlusconi che di fronte all’inerzia dell’Europa approfitta delle regole comunitarie per alleggerire il fardello» dell’Italia.
Dal premier arriva un assist alla Lega, «che ha dato una grande disponibilità, il ministro Maroni è in azione giorno e notte», mentre il principio guida rimane «che tutti quelli che arrivano bisognerà rimandarli indietro». Per gli altri «la Commissione Europea ha certificato che il permesso di soggiorno temporaneo funziona. Noi identifichiamo le persone e se non ci sembrano pericolose potranno girare in Europa». Sul fronte degli sbarchi Maroni è molto ottimista, convinto che l’accordo siglato con la Tunisia «stia funzionando», «una parte del problema che si sta risolvendo» cioè quella relativa ai rimpatri degli immigrati «che stanno partendo per venire in Italia». «Ora - ha aggiunto - dobbiamo fare in modo che funzioni meglio quella dei controlli sulle coste, in modo da chiudere il rubinetto».

Per Maroni è comunque «fondamentale che chi parte, pagando dei criminali e rischiando la vita, sappia che, una volta arrivato, verrà rimpatriato». Se non funziona «servono i mitra», urla l’eurodeputato Speroni. Solo «rischi dell’esasperazione» modera Bossi, «alla fine prevarrà il buonsenso». Con o senza Camembert.

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