Roma - Critica la ministra dell’Istruzione Mariastella Gelmini, stuzzica uno dei più intoccabili nel governo, il superministro dell’Economia Tremonti. S’innervosisce un po’ per le troppe chiacchiere sulla giustizia: «Veltroni ha ragione, c’è un bordello, e quando c’è bordello è difficile fare le cose». Dà segnali, indizi verbali, di una leggera insofferenza. Dopo due mesi buono buono Umberto Bossi si è messo a tirare qualche schiaffo.
Vuole piantare la bandierina della Lega sul Pirellone? Sta perdendo le staffe per gli indugi sul federalismo fiscale? Delle due ipotesi la seconda appare come la più plausibile per spiegare le nuove e un po’ inaspettate uscite di Bossi verso alcuni componenti del governo, non verso il premier, lodato anzi ieri sera in un comizio ad Arcore: «Berlusconi ha fatto il miracolo riuscendo a far ripartire il termovalorizzatore di Acerra». La Lega non tradisce e non tradirà: «Non siamo imbecilli...». Ma da ministro delle Riforme Bossi dovrà difendere proprio le riforme per le quali la Lega si batte da sempre, e soprattutto rendere conto all’elettorato.
Il leader della Lega vuole togliersi dai piedi il «bordello» di «lodi» e intercettazioni per «fare le cose». E in cima alle cose c’è il federalismo. Si sta aspettando troppo, ma sul risultato Bossi non sembra avere dubbi: «Se Berlusconi votasse contro il federalismo ci chiederemmoche cosa ci stiamo a fare. Berlusconi però non è scemo».
Nel consiglio regionale lombardo ultimamente il Carroccio è tornato all’attacco del presidente Formigoni, reo di accettare l’immondizia di Napoli, ma «le elezioni in Lombardia sono nel 2010 - rifletteva ieri un esponente lombardo della Lega - di candidature si parlerà non prima di un anno». Quella poltrona la voleva la Lega per l’ex ministro della Giustizia Roberto Castelli. Ma Formigoni non ha ottenuto ministeri e il patto tra gentiluomini con Berlusconi era di non toglierlo dalla Regione che guida da tre mandati. Non sembrerebbe però questo il problema, anche se ieri Bossi ha chiarito che a proposito dei rifiuti e dell’aiuto lombardo non ha «cambiato idea. Prima devono darsi da fare a Napoli». Poi può scattare il soccorso lumbard. Sarebbero invece piuttosto i rallentamenti in corso sul federalismo fiscale, la gestione regionale di una parte del gettito Iva e Irpef, ad aver imposto a Bossi la necessità di uscire dal docile silenzio.
I leghisti hanno accettato che si parlasse prima della monnezza di Napoli che degli slot di Malpensa, ma sul federalismo Bossi non accetta dilazioni. Il Senatùr aveva depositato subito a Montecitorio, da deputato, il 29 aprile, il progetto di legge: «Delega al governo per l’attuazione dell’articolo 119 della Costituzione ». Ora ha appena concluso il testo definitivo da consegnare in consiglio dei ministri.Maqualche giorno fa Tremonti ha preso un po’ di tempo parlando di presentazione «a ottobre». Venerdì ci ha pensato il ministro leghista della Semplificazione Calderoli a chiarire: «Entro l’estate».
La Lega vuole superare rapidamente lo scoglio giustizia anche per non compromettere il dialogo con l’opposizione, importante per le riforme. Il Carroccio chiede alle minoranze «un atteggiamento positivo» («sono uomo che tratta») ma se non ci sarà accordo, «tutti i leghisti verranno a Romaa protestare», fa sapere Bossi: ci sono «un milione di persone pronte a combattere per il federalismo».
Bisogna cambiare marcia, tanto più che Veltroni ha chiesto a una apposita commissione un testo sul federalismo fiscale entro luglio. Un motivo in più, forse, per far uscire Bossi dal silenzio: va bene la precedenza alla monnezza, mafarsi anticipare dal Pd sul federalismo sarebbe troppo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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