
Ha ricevuto recentemente il premio Campione (che è un Oscar della bontà) creato 24 anni fa dai City Angeles per ringraziare chi ha saputo essere d'esempio per la comunità.
Ma lei non se ne fa vanto per non distrarsi dal lavoro. Federica Guglielmini, scrittrice ed educatrice, ha fondato tre anni fa il Movimento dei colpitori, con un decalogo pensato più per gli insegnanti che per gli sportivi, «perché l'urgenza sociale di oggi è quella di recuperare i ragazzi». Il premio, infatti, lo ha meritato assieme a Don Luigi Scarlini, il prete della parrocchia Sant'Angelo di Rozzano, che ha promosso la boxe come terapia sociale in oratorio. E che in questo modo «aggancia» i giovani con guai giudiziari o che vivono da sbandati. Ora un passo in più. «Vorremmo entrare nelle scuole, abbiamo il progetto pronto» spiega, chiarendo: «Chi non conosce il pugilato pensa sia un invito alla violenza, all'istigazione, alla prevaricazione. Niente di tutto questo. La boxe è diventata sport grazie alle regole. È una disciplina che si è evoluta attraverso la brutalità e il non rispetto. Che ha attraversato l'ombra, ne ha fatto esperienza e l'ha trasformata. Ecco perché ha una potenza educativa travolgente: non si può trasmettere qualcosa che non si conosce». Gli insegnanti, di scuola e di pugilato, «parlano lo stesso codice, educano entrambi, indossando abiti diversi».
Perché il movimento? «Per cambiare la storia un libro non basta, bisogna colpire come ha fatto Marinetti con il futurismo. Dopo la pandemia gli insegnanti si sono ritrovati soli, i ragazzi, che sono stati privati della libertà, ora rifiutano le regole, il sistema non riesce più a comunicare a molti giovani. La storia del pugilato è esemplare, offre strumenti culturali e spunti per l'educazione civica e infonderebbe quel coraggio che serve a cambiare anche i programmi scolastici...»
A scuola, negli ospedali, per strada, la violenza è di casa, «chi si fa trasportare dalla rabbia perde il controllo di sé, con lo sport da contatto al contrario si impara a muoversi nel quadrato sociale, si arriva a capire chi si ha di fronte e si prendono le misure».
Il progetto scolastico è condiviso dal maestro di boxe Vincenzo Gigliotti che è stato campione italiano nel 1998 ed è convinto che il male di vivere si possa curare con i guantoni: «Il mio sogno è quello di aprire una scuola di pugilato per detenuti e minori avviati
verso la rieducazione e dar loro l'opportunità di imparare uno sport. Un ring può essere molto formativo (penso alla maleducazione e sfrontatezza di certi maranza) perché oggi sempre più persone colpiscono senza regole».