Luca Pace
da Milano
Via all’aumento di capitale di Popolare italiana sotto gli occhi interessati dei colossi stranieri. Secondo il Messaggero, Deutsche Bank, Société Générale e Fortis starebbero puntando alla banca lodigiana. Ma Divo Gronchi, amministratore delegato della ex Lodi, prende tempo: «Verso ottobre-novembre avremo un quadro chiaro di riferimento sul quale decidere i tempi per un’eventuale alleanza di cui ne potremmo parlare comunque nel 2007». Oggi, intanto, partirà l’aumento di capitale della Lodi di 719 milioni di euro.
L’offerta prevede l’emissione di 105.795.900 azioni ordinarie da 3 euro. Gli azionisti e possessori di obbligazioni convertibili si troveranno in portafoglio i diritti per sottoscrivere 21 nuove azioni ordinarie, al prezzo di 6,8 euro ciascuna, ogni 100 azioni e/o obbligazioni convertibili già possedute. I diritti saranno negoziabili in Borsa fino al 14 luglio mentre l’operazione si concluderà il successivo 21.
La strategia della Lodi è chiara: prima il risanamento poi eventuali nozze. Non è infatti un segreto che l’ex impero di Fiorani, quasi mille sportelli, 2,6 milioni di clienti, 44,5 miliardi di attivo, è conteso da molti. Prima degli stranieri sulla Lodi avevano già messo gli occhi diverse banche italiane. I dossier sono da tempo sul tavolo di Intesa, Sanpaolo Imi, Capitalia, Monte dei Paschi mentre tra le più interessate ci sarebbero la Popolare di Milano e quella di Verona. Proprio quest’ultima, secondo quanto risulta al Giornale, ha offerto 9 euro per azione ma Gronchi ha rifiutato. Anche la Milano si sarebbe fatta avanti, ma Lodi prende tempo. Con i conti a posto la Popolare italiana varrebbe di più e Gronchi lo sa bene: «Se dovessimo sederci a un tavolo intendo farlo come minimo alla pari», ha detto l’amministratore delegato a margine della presentazione del piano industriale. A parte le Popolari che con la Lodi condividono lo statuto, la fretta non sembra contagiare gli altri potenziali acquirenti che sui conti del gruppo vogliono vederci chiaro.
«La banca deve ancora fare luce su diverse situazioni, dalla quota in Kamps–Barilla (41%), che potrebbe richiedere svalutazioni per circa un centinaio di milioni, alla Magiste, dove i Pm rifiutano l’ipotesi concordato, fino all’Opa sulle quota di minoranza di Reti Bancarie, che potrebbe incontrare qualche ostacolo», spiega un analista.
Ai prezzi di oggi, infatti, per gli azionisti di Reti Bancarie è più vantaggioso l’esercizio del diritto di recesso a 37,2 euro per azione, piuttosto che lo scambio azionario con Bpi.
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