da Milano
Per la direzione generale della Banca Popolare italiana è arrivata la soluzione a sorpresa: il consiglio di amministrazione dellistituto ha votato allunanimità la nomina di Divo Gronchi, 66 anni, attualmente direttore generale della Banca Popolare di Vicenza. Gronchi ha battuto la concorrenza degli altri componenti la rosa ristretta di candidati rimasti in lizza per lincarico. Il suo nome è apparso quello più adatto a rappresentare un equilibrio tra le esigenze di novità (urgenti dopo le inchieste giudiziarie) e la volontà di molti consiglieri, compreso il presidente Giovanni Benevento, di non accentuare la «rottura» con il passato. Decisivo per Gronchi si è rivelato lappoggio di Banca dItalia, mentre proprio questo sembra stato il punto debole di Pier Francesco Saviotti, laltro candidato in pole position, meno vicino a via Nazionale.
Nelle complicate vicende delle Opa bancarie Gronchi aveva condiviso la strada scelta dalla banca vicentina, guidata dal presidente Gianni Zonin: attenzione verso le ragioni delle cordate italiane (la Popolare di Vicenza ha siglato uno dei patti di sindacato sui cui si regge lofferta di Unipol), ma senza eccessivi coinvolgimenti finanziari o strategici.
Gronchi, pisano, ha trascorso gran parte della sua carriera nella Banca Toscana, passando poi,nel 1988, al Monte dei Paschi come vice direttore centrale. Nellistituto senese ha poi compiuto gli ultimi passi fino alla nomina definitiva a direttore generale nei primi mesi del 1996. La sua gestione ha visto tra laltro lofferta pubblica di acquisto sulla Banca agricola mantovana e soprattutto la quotazione in Borsa del Monte nel 1999. Nel 2000 Gronchi ha però abbandonato il campo per accettare lofferta di Zonin, impegnato in un difficile passaggio, dopo un traumatico divorzio con il precedente numero uno operativo Giuseppe Grassano.
A Vicenza il nuovo direttore generale della Bpi ha applicato quella che qualche giornale ha definito la «cura Gronchi»: un piano industriale triennale, basato su recuperi di efficienza e crescita interna, che ha consentito alla Popolare di Zonin di presentarsi ora come uno degli istituti potenzialmente «aggreganti» nelle prossime fasi del risiko bancario. Un piano culminato con il recente aumento di capitale che ha fornito alla banca le provviste necessarie.
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