Bpi sposa Verona, nasce la Superpopolare

Terzo gruppo del Paese. Il pressing dei fondi e il nodo dell’assemblea

Massimo Restelli

da Milano

La forza finanziaria di Verona-Novara e l’imprimatur di Bankitalia superano l’approccio cooperativo dell’Emilia Romagna e le aspettative del territorio: Banca Popolare Italiana entra a fare parte della galassia Bpvn. Il verdetto, nell’aria da tempo anche se negli ultimi giorni Bper appariva in recupero, è stato scritto ieri sera dopo 10 ore di riunione di un consiglio di amministrazione iniziato con l’esposizione delle offerte da parte dei consulenti di Mediobanca e Rothschild (presenti Alberto Nagel e Franco Bernabè).
Pur con un confronto serrato per superare le divergenze con il fronte lodigiano, il presidente Piero Giarda e l’amministratore delegato Divo Gronchi sono riusciti a strappare una scelta compatta: alla resa dei conti, sarebbero infatti stati 14 i voti a favore di Verona e 2 gli astenuti (con ogni probabilità Guido Castellotti e il vicepresidente Enrico Perotti che in precedenza si erano spesi a favore di Bipiemme). Una scelta di campo netta su cui, dopo la fusione Sanpaolo-Intesa, ha pesato l’opportunità «industriale» di dare vita al terzo gruppo retail del Paese (2mila sportelli, 15 miliardi la capitalizzazione pro-forma), ma probabilmente anche il summit notturno che l’amministratore delegato di Bpvn, Fabio Innocenzi, avrebbe organizzato a Verona con alcuni consiglieri lodigiani doc.
Insieme a Popolare Verona (assistita da Goldman Sachs, Crédit Suisse e dallo studio Borghesi & Colombo), vincono gli hedge fund presenti in forza nel capitale di Lodi (80%) e gli analisti. Interessati i primi alla fiche in contanti promessa da Carlo Fratta Pasini (circa 1,5 miliardi), i secondi al piano di integrazione pensato per massimizzare le sinergie. Cui si aggiunge la prospettiva di creare un grande polo bancassicurativo con Cattolica.
A uscire battuta, per contro, è stata invece l’«anima» della banca più vicina al territorio e propensa, stante la necessità del matrimonio evidenziata da Bankitalia, ad avviare un’aggregazione paritetica con l’Emilia Romagna. Un approccio morbido a cui Bpi ha rinunciato, complice anche la maggiore attrattività dei titoli Bpvn rispetto a quelli di Bper trattati sull’Expandi (l’ex Ristretto).
Abbastanza compatta a favore di Verona anche la prima linea del management, pure se con qualche eccezione tra cui spiccherebbe Luigi Negri (che siede nel board della controllata Popolare Cremona). Quando si penetra nelle seconde linee e nella base sociale la sensibilità però cambia. Un universo, ultimo in ordine di tempo l’appello della Fondazione Tiziano Zalli (il fondatore dell’istituto), che avevano lottato fino all’ultimo per coagulare il fronte lodigiano attorno a Bper. Dissapori che potrebbero riaffiorare in assemblea dove, visto il meccanismo del voto capitario, i grandi fondi di investimento non potranno imporre la propria linea.


I prossimi mesi consentiranno a Fratta Pasini lo spazio diplomatico per aumentare i consensi sul territorio e verificare l’influenza del cda anche se va detto che, grazie anche al lavoro di risanamento avviato da Gronchi, l’offerta di Verona valuta Lodi quasi 8 miliardi di euro.

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