Braccio di ferro per il Kashagan

Braccio di ferro per il Kashagan

da Milano

Ancora un contenzioso tra il consorzio internazionale guidato dall’Eni e le autorità del Kazakistan sulla questione del giacimento di Kashagan, nel Mar Caspio: ieri il ministro dell’Energia, Sauat Mynbaiev, ha affermato che le compagnie straniere del consorzio (cui aderisce anche la kazaka KazMunaiGas) hanno proposto di posticipare dal 2011 al 2012 o 2013 l’inizio dello sfruttamento industriale del petrolio e ha minacciato una «dura risposta». «Se ci sarà qualche rinvio, certamente dovremo discutere delle sanzioni - ha aggiunto Mynbaiev - dovremo nuovamente provare a trovare un accordo». Dopo la pace che sembrava raggiunta nel gennaio scorso con la sigla del nuovo assetto azionario del consorzio che dava più peso alla compagnia kazaka, portandola al livello degli altri grandi gruppi (Eni, ExxonMobil, Total e Shell), ora il governo di Astana riapre la partita con le compagnie petrolifere straniere.
L’accordo prevedeva l’inizio della produzione nel 2011: il Kazakistan accettava il rinvio dello sfruttamento in cambio di compensazioni sul prezzo del petrolio e della maggiore partecipazione azionaria. Non è però chiaro quali margini di slittamento lasciasse l’intesa: evidentemente Astana li considera in modo rigido, mentre le compagnie, che devono affrontare problemi tecnici imponenti, non rinunciano a spazi di manovra. Senza dimenticare che l’aumento del prezzo del petrolio sta sicuramente spingendo i kazaki ad alzare la posta in gioco per ottenere contropartite sempre più sostanziose.
D'altro canto, quello di Kashagan è il giacimento più importante scoperto negli ultimi trent’anni, situato però in una zona infelice e con un greggio di pessima qualità, pieno di acido solfidrico. I grandi gruppi hanno speso somme enormi negli investimenti, i kazaki da parte loro puntavano a uno sfruttamento immediato e ritengono di dover essere compensati per i ritardi. Così le discussioni non finiscono mai.

«Se però pensiamo che in Val d’Agri e nell’Alto Adriatico l’Eni non è riuscito ancora ad avere il via libera dalle regioni Basilicata e Veneto, in fondo quello che fanno i kazaki non ci deve stupire», ha commentato ironicamente un esperto del settore interpellato dal Giornale.

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