Economia

Braggiotti, i primi 10 anni passati senza Mediobanca

Gbl cresce in Germania e Italia Ma il mercato è ora meno amico

Braggiotti, i primi 10 anni passati senza Mediobanca

da Milano

L’anniversario è in questi giorni: sono passati 10 anni dal divorzio tra Mediobanca e Gerardo Braggiotti, che alla fine del 1997 lasciò via Filodrammatici per gli insanabili contrasti con l’amministratore delegato Vincenzo Maranghi, scomparso nel luglio scorso. Oggi, 10 anni dopo, il più quotato banchiere d’affari italiano celebra la chiusura del suo personale cerchio: Banca Leonardo, la sim che Braggiotti ha rilevato due anni fa con l’idea di trasformarla in una boutique finanziaria di respiro internazionale, modello Lazard (dove il banchiere è stato fino al 2005), è pronta.
Dopo una fase iniziale dedicata alla messa a punto dell’azionariato (nel quale Braggiotti ha il 5,2% di azioni «B», titoli speciali per vantaggi patrimoniali e diritti di veto su decisioni importanti e cambi di statuto) e della struttura originale, in queste ultime settimane è stata completata anche la fase bis. Con l’acquisto in Germania della Drueker & C. (una delle maggiori società di private di investment banking e corporate finance del Paese), a cui ha fatto seguito la conquista in Italia di Rasfin, la sim milanese del gruppo Allianz guidata da Roberto Notarbartolo (un altro ex di Mediobanca, fuoriuscito anch’egli nel ’97, solo poche ore dopo Braggiotti), attiva a 360 gradi sia nell’equity, sia nel corporate finance. Ora i dipendenti sono arrivati a quota 300. Come Mediobanca. E come Mediobanca, ma anche sulla scia di Generali, Intesa Sanpaolo e tanti altri big, Banca Leonardo ha deciso di puntare sulle infrastrutture, costituendo un fondo ad hoc che intende raccogliere fino a 350 milioni da investire nel comparto nel quale è previsto un vero e proprio boom, stimato nel 3,5% del Pil dei principali Paesi occidentali.
Ma con le nuove credenziali e i ranghi completi del nuovo Gruppo Banca Leonardo (Gbl), Braggiotti deve anche affrontare un mercato più difficile che mai. Soprattutto per se stesso: dopo 10 anni da protagonista in operazioni epocali, quali l’Opa su Montedison, la fusione Intesa Sanpaolo, la blindatura del controllo di Ifil su Fiat, ora il mercato è meno incline a seguirlo a occhi chiusi. A lasciare il segno - secondo le voci dei più maligni tra i concorrenti - sarebbe stata la vicenda Telecom, altra storia societaria che ha visto Braggiotti protagonista. Prima nel 2001, quando Lazard ha giocato la «partita di andata», vale a dire l’acquisto del gruppo da parte di Pirelli a 4 euro per azione. Poi quest’anno, quando Banca Leonardo ha organizzato la «gara di ritorno», cioè la cessione dello stesso gruppo alla cordata Telco. Per 2,8 euro. Operazione ancora in attesa di autorizzazione, che in Piazza Affari sconta (per i soci di minoranza, con il titolo che vale 2,2 euro quando va bene) una perdita di valore nell’ordine dei 14 miliardi di euro.

E che qualcuno non ha ancora mandato giù.

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