Cultura e Spettacoli

Branca: "Quanto fa paura ridere dell’Islam"

Il professore dell’Università Cattolica: "Ho raccolto in un libro le barzellette dei musulmani su politici, sesso e religione, ma non trovo un editore italiano che me lo pubblichi. Giudicate voi se offendono qualcuno"

Branca: "Quanto fa paura ridere dell’Islam"

Milano - Ha raccolto dozzine di barzellette qua e là tra Egitto, Siria, Marocco e altri Paesi del Medioriente in cui viaggia abitualmente, da islamista e docente universitario di Lingua e letteratura araba (alla Cattolica di Milano). Le ha messe insieme in un libro, dove la storiella sul sovrano sciocco, quella sul presidente avido di potere o le freddure sugli imam maneggioni sono le uniche forme di dissenso - rigorosamente orali - dei musulmani verso il regime. Eppure Paolo Branca non trova un editore in Italia.

Professore, dice che i nostri editori hanno paura di offendere la sensibilità islamica?
«Certo, è una spiegazione. Sa, dopo quello che è successo con le vignette danesi sul Profeta o le reazioni al discorso del Papa a Ratisbona c’è il timore di urtare la sensibilità musulmana. Anche se, devo dire, con un editore è capitato proprio il contrario».

Ovvero?
«E cioè avrebbe voluto barzellette più aggressive, più spinte, per costruire un po’ un caso sul mio libro...».

Il Salman Rushdie italiano?
«Chissà, forse».

Ma le barzellette che ha raccolto sembrano innocui scherzetti...
«Sì, ma per noi. Là queste barzellette sono l’unica forma di opposizione possibile e non possono essere pubblicate da nessuno perché toccano argomenti tabù».

Proibito ridere?
«Dipende su cosa, le barzellette sugli ebrei (o sugli americani) sono frequentissime e anche pesanti. Sul resto invece c’è un controllo dei mezzi di comunicazione da parte dei governi. La satira su sovrani o presidenti è considerata da traditori della patria e disfattisti. Vietatissima».

Però poi la gente nei mercati e nei bar se le racconta.
«Come no! In Egitto le barzellette su Mubarak sono infinite.

Ma non esiste satira fuori dalla clandestinità?
«C’è stato un tentativo di giornale satirico in Marocco, chiuso proprio poche settimane fa perché riportava barzellette sulla religione».

Offendevano la legge coranica?
«Ma no, barzellettine ingenue».

Tipo?
«Un musulmano va nell’aldilà ma il Profeta non lo fa entrare in paradiso. “Perché Signore, sono sempre stato buono!”, si dispera il fedele che continua a chiedere il motivo del rifiuto divino. E il Sommo, dopo averlo tenuto sulle spine un bel po’ gli dice: «Sorridi, sei su Scherzi a parte!».

Blasfemia?
«Forse urta perché la divinità viene associata a cose basse come un programma tv. O anche solo l’idea che Dio possa far soffrire un fedele per scherzo».

Ma la religione è frequente nelle barzellette?
«Sì e genera continui equivoci comici. Gli imam poi sono bersaglio di storielle, sempre visti come gente assetata di soldi. Ma c’è anche il sesso».

Storielle spinte?
«Lì hanno il mito della verginità, che è inesauribile fonte di doppi sensi. Sono società in cui una ragazza che va a vivere da sola senza essere sposata è ancora considerata una poco di buono. E ci sono moltissime cliniche che ricostruiscono la verginità, perché lì è una questione d’onore. Drammatico, ma anche comico, volendo».

Su che altro scherzano?
«In generale i presidenti sono un soggetto ricorrente, mentre per i reali c’è più rispetto».

Ma chi sono gli arabi più burloni?
«Sicuramente gli egiziani, sono un po’ i napoletani del mondo arabo. Un popolo di antichissima civiltà e pazienza, perché sono stati dominati da tutti, e quindi la barzelletta è lo sport e anche lo sfogo nazionale».

Come ha raccolto tutte queste barzellette?
«In un anno, parlando con la gente, ma anche con gli immigrati in Europa. Su internet si scambiano un sacco di barzellette sui loro Paesi».

Difficile tradurle in italiano?
«Molte sono intraducibili, o perché sono giochi di parole o perché fanno riferimento a episodi che noi non conosciamo, quindi non farebbero ridere».

Ci sono barzellette sui fondamentalisti?
«Sì, sì certo. Una che girava in Egitto scherzava su un certo Osama “figlio della ballerina”: E lì dire che è uno è figlio di una ballerina è come dargli del...».

Afferrato. E l’Osama era proprio quello?
«Sì sì, è ambientata il giorno dopo l’11 settembre 2001...».

Musulmani che sfottono Al Qaida. Sorprendente.
«Ma sì, perché ridono davvero di tutto, non c’è limite. Anzi, più scabrosa è la cosa più fai ridere. Certo, non la volgarità gratuita su Dio».

E sugli ebrei?
«Quelle classiche purtroppo: l’ebreo ladro, gobbo, che pensa solo i soldi. Peraltro simili a quelle che gli ebrei stessi raccontano di se stessi, però legate all’Olocausto in chiave negazionista. Anche leggende metropolitane sull’onnipotenza di Israele».

Un esempio?
«In Egitto circolava l’idea che il Mossad aveva diffuso francobolli afrodisiaci che avrebbero indotto i fedeli egiziani a peccare e quindi a non meritare il Paradiso».

Questa però non fa ridere.


«No! Però loro ci credevano veramente».

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