"Rinunciare all'immunità? La legge non lo permette"

Il ministro Nordio: "È uno status di rango costituzionale, ma sarei comunque tranquillo perché ho operato nell'interesse dello Stato"

"Rinunciare all'immunità? La legge non lo permette"
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"Le opposizioni mi sollecitano a rinunciare ai privilegi da ministro e di accettare il processo che chiedono i magistrati. Lo farei con molto piacere, anche perché so di non avere commesso nessun reato, il problema è che questa rinuncia non è nelle mie facoltà. È una legge che mi vieta questo passo...".

Il ministro Carlo Nordio non solo è molto tranquillo. Ma come sempre è anche ironico. Questa bufera che gli è precipitata addosso non lo turba. Dice che leggerà "con attenzione gli atti e con ancora maggior attenzione seguirà il dibattito alla Camera su quella che viene chiamata autorizzazione a procedere". "Faccio presente - precisa - che non si tratta della vecchia autorizzazione che le Procure alcuni anni fa dovevano chiedere per procedere contro i deputati. Quella non esiste più. Questa invece è una cosa molto diversa. La vecchia autorizzazione serviva ad accertare che non ci fosse quello che in latino si chiama fumus persecutionis, cioè il sospetto che il deputato indagato fosse oggetto di una persecuzione giudiziaria. Quella di adesso invece è necessaria per superare una garanzia attribuita alla carica ministeriale e come tale non è rinunciabile. Il compito della Camera è di esaminare se, ammesso che esista un reato, questo sia stato commesso nell'interesse dello Stato o per un interesse proprio. La vecchia immunità parlamentare era un privilegio al quale si poteva rinunciare. Questo è uno status che non può essere cambiato". In effetti è proprio così. L'autorizzazione in realtà è chiesta sulla base della legge numero 1 del 1989, che fu approvata per ridurre e non per aumentare i privilegi dei ministri. Prima i ministri sotto accusa venivano giudicati dalla commissione Inquirente, poi mandati davanti alle Camere, infine le Camere decidevano se rinviarli a giudizio e la Corte incaricata del giudizio era addirittura la Corte Costituzionale. È il procedimento che si usò ancora per l'affare Lockheed, uno dei primi clamorosi "scandali" della storia della Repubblica (sempre una storia di presunte tangenti sull'acquisto di alcuni aerei), che si concluse con la condanna al carcere di un ministro, addirittura dell'ex segretario del partito socialdemocratico Mario Tanassi.

Poi con la riforma del 1989 il meccanismo fu molto velocizzato. Ora il procedimento è questo: la Procura che riscontra un possibile reato ministeriale passa la pratica al tribunale dei ministri. Il tribunale dei ministri indaga, e se lo ritiene necessario chiede al Parlamento l'autorizzazione a procedere. Di conseguenza si va verso il processo che si terrà davanti a un tribunale ordinario. Come è successo a Salvini. In Parlamento la questione viene trattata prima dalla giunta per le autorizzazioni e poi dall'assemblea della Camera o del Senato. Che a maggioranza assoluta, può respingere la richiesta (come dice l'articolo 9, comma 3 della legge dell'89) solo se riscontra che gli atti ai quali ci si riferisce sono stati compiuti per un interesse dello Stato e non del ministro.

Nordio fa notare che anche nella richiesta di autorizzazione mandata alla Camera c'è scritto che il motivo per il quale sarebbe stato commesso un reato - ma Nordio esclude che sia un reato - è stato il rischio di ritorsioni dalla Libia contro cittadini italiani. Diciamo pure che il fatto che non ci sia stato un interesse personale ma solo un interesse di Stato alla base della decisione di scarcerare Almasri è già scritto a chiare lettere nell'atto inviato dai giudici alla Camera. Resta la questione della dottoressa Giusi Bartolozzi, capo di Gabinetto del ministero della Giustizia. Che si occupò dell'affare Almasri e che non è né ministro né deputata. Dicono - ne ha velatamente alluso anche il capo dell'Anm - che il processo potrebbe essere fatto a lei, per vie ordinarie. Ma al ministero fanno notare che la legge prevede che se il reato ipotizzato è ministeriale, comunque è necessaria l'autorizzazione del Parlamento. E il tribunale dei ministri per la Bartolozzi non l'ha chiesta.

Domanda: ma la legge dell'89 prevale su ogni altro argomento? Dice Nordio: "Sì, è una legge di rango Costituzionale. Come si fa a contestarla?" Vero. Ma il ministro spiega che non è questa la ragione per la quale è tranquillo.

"Sono tranquillo perché so di avere operato nel rispetto della legge e nell'interesse dello Stato". E dunque di non avere né commesso il reato di favoreggiamento né quello di omissioni di atti d'ufficio. Poi c'è il peculato, per l'uso dell'aereo di Stato. Ma quel reato a lui non è stato contestato.

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