Arianna Gatti e la sfida della lumaca

La chef abruzzese usa questo ingrediente feticcio per unire le diverse tradizioni della sua terra d’origine e di quella in cui lavora, Brescia, dove guida la cucina del ristorante Forme. Un esempio lampante della poetica della trentaquattrenne cuoca, che ha sempre bene in vista la tradizione ma è dotata di uno sguardo nuovo che la reinventa. E che in un bel video si racconta

Arianna Gatti e la sfida della lumaca
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La tradizione prende nuove strade senza dimenticare da dove arriva. E lo fa con lentezza, la lentezza di una lumaca: uno degli ingredienti più atavici e appassionanti della nostra terra, e per Arianna Gatti, cheffe del ristorante Forme di Brescia, anche il trait d’union tra le sue due terre. L’Abruzzo da dove arriva e la Lombardia dove lavora. Materia antica e discreta, profondamente radicata tanto nella cultura contadina abruzzese quanto in quella bresciana, viene qui reinterpretata come emblema di un dialogo tra territori, memoria e modernità.

In Abruzzo, contesto d’origine della cheffe (arriva dalla rude e montuosa Marsica) le lumache sono spesso legate alla cucina povera e contadina: stufate lentamente con pomodoro e peperoncino. Nel Bresciano sono invece più consuete in preparazioni “in bianco”, aromatizzate con erbe e accompagnate da polenta. Nelle mani di Gatti, la lumaca diventa “materia viva”: elegante, moderna, ma mai snaturata.

Nel menu attuale, la lumaca si veste di protagonista nello Spiedo di lumaca, fegato grasso e indivia: un piatto che stratifica tecniche e riferimenti culturali. La lenta cottura allo spiedo richiama la ritualità conviviale della tradizione bresciana (dove di solito a finire infilzati sono carni e gli “uccelletti”), mentre l’abbinamento con il fegato grasso introduce una nota francese che la chef Arianna Gatti interpreta con misura ed equilibrio.

Naturalmente il ristorante Forme è molto di più. Gatti riflette continuamente sul suo passato e sul suo presente, e lavora quotidianamente a restituire un nuovo senso alla tradizione, senza perdere il contatto con le radici e con l’essenza del sapore ma con uno sguardo contemporaneo scevro da qualsiasi forma di nostalgia. Nel menu attuale ci sono piatti esemplificativi di questa filosofia come Animella, cardoncelli, sesamo e levistico, Spaghetto nero, aglio, olio, peperoncino, canocchie e ricci di mare, Risotto alla robiola, fichi, anguilla e foglia di fico, Coniglio e amarena e Astice, zabaione salato e pesca. Per dolce il M’ama non m’ama con ananas, yogurt, more e mirtilli. Piatti ordinabili alla carta, ma contenuti anche nei due menu degustazione del locale: Origine a 95 euro e il più vasto Racconti a 115. Entrambi con la possibilità di un pairing mirato con vini selezionati dal sommelier di Forme con un sovrapprezzo rispettivamente di 35 e 55 euro.

Arianna Gatti ha 34 anni ed è di Forme (ciò che spiega il nome del locale) in provincia dell’Aquila. Ha lavorato dapprima in Romagna con Paolo Teverini e in Emilia con i fratelli Leoni, poi ha conosciuto la sua svolta professionale (e il suo approdo in terra di Lombardia) con i nove anni nella cucina del Miramonti l’Altro di Concesio alla corte del bravissimo Philippe Léveillé, di cui è diventata sous-chef. Nel 2023 la necessità di un altro scatto in avanti, di una cucina tutta sua, e la nascita del progetto Forme.

La storia, le emozioni e le ispirazioni di Arianna sono raccontate da un nuovo cortometraggio firmato dal collettivo creativo Blumandorla, con regia e sound design di Francesco Theak e Pietro Arici, nel quale la cheffe marsicana si racconta in prima persona, dialogando con il territorio, il gesto e il pensiero. Il tono visivo è minimale e poetico, dominato da luce naturale, primi piani su materie prime, scorci del ristorante e un montaggio che restituisce la sensazione del tempo lento che scorre tra cucina e natura.

Il sound design è calibrato su silenzi, suoni ambientali e rumori della cucina rurale: un linguaggio sensoriale che valorizza ogni parola come ogni ingrediente. Il risultato è un ritratto narrativo autentico, dove il racconto non è semplice storytelling, ma espressione profonda della visione di Forme e dell’arte riconosciuta a Gatti. Come spiegano i realizzatori, “l’intero progetto è frutto della nostra collaborazione all’interno del team creativo Blumandorla”.

Questo ritratto unisce ricostruzione della visione gastronomica a riferimenti culturali e visivi, restituendo un quadro coerente dell’unione tra semplicità contadina e progettualità contemporanea che anima il Ristorante Forme.

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