Pamela DellOrto
Limpatto è davvero grandioso. La Vergine con il bambino fra due angeli, avvolta in una nuvola luminosa dove si affollano le teste dei serafini. Sotto, la luce della laguna di Venezia dalla quale emergono quattro grandi personaggi: San Pietro, San Domenico, San Paolo e San Gerolamo.
Per decenni queste due luci così diverse ma complementari - celeste la prima, terrena la seconda - sono rimaste «oscurate» dal tempo. Da ieri i colori della pala daltare di Pesaro di Giovan Gerolamo Savoldo si possono ammirare nei loro (splendenti) toni originari. Nella prima sala della Pinacoteca di Brera.
Ci sono voluti due anni di per restaurare la tavola del Savoldo. Per evitare che il capolavoro si danneggiasse (le sue dimensioni rendono difficili gli spostamenti), gli è stato costruito intorno un laboratorio di restauro hi-tech: un box di policarbonato trasparente, nel quale i restauratori hanno lavorato davanti agli occhi dei visitatori del museo - una sorta di grande performance resa possibile grazie al sostegno del Gruppo Pirelli. E ora la tavola cinquecentesca, una delle più grandi al mondo e la più grande fra quelle esposte alla pinacoteca, è tornata a splendere. Da oggi a sabato i saloni napoleonici della Pinacoteca resteranno aperti (dalle 20 alle 22.30) proprio per permettere a tutti di ammirare (gratuitamente) il capolavoro - la visita sarà accompagnata dalle musiche di Marcantonio Cavazzoni e altri autori cinquecenteschi. Ieri la presentazione ufficiale, alla quale doveva partecipare il ministro per i Beni e le attività culturali Rocco Buttiglione, trattenuto a Roma, come ha fatto sapere, per motivi personali.
Realizzata fra il 1524 e il 1526 dallartista bresciano per la laltare maggiore della chiesa di San Domenico a Pesaro, la pala doveva comprendere (da contratto) anche una Pietà (oggi al Cleveland Museum negli Usa), da appoggiare sopra la tavola e una predella dipinta che comprendesse uno «sportello» per il Sacramento (andato perduto). Dipinta su commissione del frate priore del convento, la tavola è arrivata a Brera nel 1811 dopo una lunga odissea. Proprio grazie al restauro è stato possibile ricostruire la storia di questo capolavoro, seguire i suoi spostamenti e le sue vicissitudini. Dal lontano 1646, quando il convento di Pesaro decise di rifare la chiesa di San Domenico in stile barocco. Da allora la pala venne smontata e rimontata e spostata varie volte. Fino al «soggiorno» romano (dal 1917 al 1921, gli anni della prima guerra mondiale) e al trasferimento nel monastero benedettino di Pontida (negli anni della seconda guerra). Il ritorno a Brera nel 50, quando fu appesa alla stessa parete sulla quale la possiamo ammirare ora, dopo i due anni di restauri «in diretta».
Oggi, nello stesso laboratorio che ha «curato» la pala del Savoldo - ma anche altre opere come il San Domenico e il Cristo in Pietà di Benozzo Gozzoli si può seguire il restauro di un altro grande capolavoro: Ladorazione dei Magi di Jacopo Palma il Vecchio.
Ma le sorprese di Brera non finiscono qui, perché il museo ha da pochissimo acquistato un nuovo importante pezzo: un gesso di Giacometti, che sarà esposto dal prossimo gennaio.
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