Brescia, è tornata a scuola la pachistana Jamila Era segregata dalla famiglia perché troppo bella

Jamila, 19 anni, è tornata in classe questa mattina. Aveva denunciato con una lettera a un quotidiano locale la sua famiglia. Decisivo l'interesse del console del Pakistan a Milano. "Ho spiegato alla famiglia che "l'amore è un diritto". La ragazza era destinata a sposare un cugino in Pakistan

Brescia, è tornata a scuola la pachistana Jamila 
Era segregata dalla famiglia perché troppo bella

Brescia - Con gli altri, come gli altri. È tornata in classe oggi Jamila, la ragazza pachistana di 19 anni che per alcuni giorni era stata tenuta a casa dai famigliari perché "troppo bella". La giovane è stata accompagnata a scuola, un istituto professionale di Brescia, dove frequenta il primo anno, dal console pachistano di Milano, dai rappresentanti di un’associazione pachistana e da Silvia Spera della Cgil di Brescia. Era completamente vestita di bianco e si è coperta il volto alla vista dei fotografi. "Su questa vicenda c’è stata troppa enfasi - ha affermato il console - si tratta di un caso che non ha nulla a che fare con quello di Hina Saleem".

Il matrimonio combinato In questura a Brescia, l’incontro con la famiglia della ragazza pachistana e un ruolo determinante l’ha avuto proprio il console. "Love is a right", l’amore è un diritto, ha spiegato alla famiglia di connazionali, aggiungendo "l’Islam protegge i diritti umani, l’Islam, in modo particolare dà a una ragazza il diritto di determinare il suo partner". Ma il console ha sottolineato anche come sia importante, per tutti, capire le differenze culturali, evidenziando più volte un risalto eccessivo dato dalla stampa alla vicenda.

La lettera Proprio una lettera, inviata al quotidiano locale Bresciaoggi ha consentito di scoprire la vicenda della ragazza a cui da giorni non era più consentito frequentare la prima classe dell’istituto professionale. Il capo della mobile di Brescia Riccardo Tumminia ha spiegato che non sono emerse responsabilità penali dei familiari e, in particolare, che non era chiusa a chiave in casa anche se è risultato evidente "secondo quanto ha confermato lei ma anche i familiari che non era libera di uscire di casa, frequentare la scuola, gli amici perché così le era stato ordinato di fare dalla famiglia". Tumminia ha spiegato che la decisione di non far uscire la ragazza era stata presa per la "preoccupazione, da parte dei fratelli, per la bellezza della sorella del fastidio che dava loro l’ attenzione di altri ragazzi nei suoi confronti".

Il matrimonio Inoltre, ha spiegato il capo della mobile "alla ragazza era solo stata paventata la possibilità di un matrimonio con un parente". Non è quella che sembra risolta, una vicenda di fondamentalismo islamico, ma di "arretratezza culturale, isolamento sociale, problemi economici".

Il padre della ragazza è morto in un incidente sul lavoro e il console ha spiegato che proprio questo fatto "aveva indotto la famiglia a prendere in considerazione la decisione di tornare in Pakistan e non c’era nessun matrimonio già combinato". Anche se altre fonti parlano di nozze combinate con un cugino in Pakistan: in cambio ai fratelli sarebbero stati dati i soldi per pagare il mutuo.

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