Milano - Enrico Brizzi è uno dei più importanti e originali scrittori italiani, e lo dice uno che non ha mai letto Jack Frusciante è uscito dal gruppo, il suo immenso successo degli anni Novanta. I suoi meriti maggiori scaturiscono dai due ultimi romanzi, Nessuno lo saprà e Il pellegrino dalle braccia d’inchiostro, con i quali dimostra che anche nel cinico Duemila si può fare letteratura basandosi su temi quali il pellegrinaggio a piedi, l’onore, la tradizione, l’amicizia virile. Lo scrittore bolognese, che nel 2006 aveva camminato da Canterbury a Roma lungo l’antica via Francigena, parte stamattina per un’altra impresa delle sue, la Roma-Gerusalemme. Questa è l’intervista rubata poche ore prima della partenza.
La prima domanda è inevitabile: perché?
«È anche la domanda più difficile. Ognuno si mette in cammino per un motivo diverso, ma il fatto di ripercorrere le orme di viandanti e pellegrini ci lega tutti: camminiamo per interrogare le nostre radici e capire meglio il posto complesso dove abitiamo. Se la Via Francigena fra Canterbury e Roma mi ha fatto conoscere l’Europa a forza di gambe, questa volta l’attenzione è sul bacino del Mediterraneo».
In questa nuova fatica seguirà le orme di un pellegrino del passato?
«Bern, il protagonista del Pellegrino dalle braccia d’inchiostro, preconizzò che ci saremmo interessati da vicino all’imperatore-mago Federico II, e in questo ci ha preso».
Dall’esperienza ricaverà un libro o solo vesciche ai piedi?
«Decidere in anticipo che una certa esperienza porterà un romanzo è follia: parola di chi lo credette possibile e imparò che si sbagliava».
Non le sembra dissennato andare a spasso proprio quando sta per uscire il suo nuovo romanzo, L’inattesa piega degli eventi, che invece con i pellegrinaggi non c’entra nulla? Non sarà per caso uno snob che disprezza la promozione e le vendite?
«Non è colpa mia se per i viaggi a piedi si parte, da secoli, a primavera. Comunque giunto a Benevento mi teletrasporterò 24 ore al Salone di Torino, affinché nessuno mi ritenga uno snob. Presento il nuovo romanzo il 9 maggio, e il 10 torno nel Sannio per riprendere la marcia verso Brindisi».
Come si è preparato per il viaggio? Allenamenti? Palestra?
«Niente di speciale: un fine settimana di cammino al mese e una notevole diminuzione nel consumo di birre medie».
Da ragazzo era boy scout? Quando ha cominciato a scarpinare?
«Sono stato lupetto, esploratore, novizio, rover e aiuto-capo dei lupetti nel gruppo Bologna 16. Buona parte della mia formazione camminatoria viene da lì, ma anche mia madre non scherza: d’estate per me e mio fratello niente gelato, se prima non si percorrevano almeno sei chilometri di bagnasciuga».
Ha qualche segreto tecnico da svelare ai lettori desiderosi di imitarla?
«L’unico suggerimento che mi sento in grado di dare è di non caricarsi un peso eccessivo in spalla. Poi la tecnica è sempre quella: mettere un piede dopo l’altro, e non smettere mai di andare avanti».
Dormirete in tenda? In locande? In conventi?
«Cercheremo di dormire al coperto. Locande d’ogni ordine e grado, abbazie, sistemazioni di fortuna...».
Che cosa mangerete?
«Il mio compagno di viaggio Marcello è vegetariano. Per lui temo problemi di vitto quasi ovunque. Io mangio tutto tranne i broccoli, quindi per me sarà più facile».
Quanti giorni di marcia avete previsto?
«Un mese per i 750 chilometri che ci attendono fra Roma e Brindisi e una quinta e ultima settimana di marcia per i circa 200 fra Akko (San Giovanni d’Acri) e Gerusalemme. Non si immagini un’impresa alla portata di pochi: si tratta di coprire ogni giorno fra i 25 e i 30 chilometri, niente di incredibile».
Le tappe intermedie più interessanti?
«Il parco d’Abruzzo per motivi naturalistici, Melfi per Federico II, Venosa per il ricordo del Certamen Horatianum a cui partecipai da liceale. Poi Altamura, Matera, Taranto e le antiche stationes dell’Appia come Aquilonia e Oria».
L’imbarco a Brindisi fa venire in mente Orazio, Virgilio, le Crociate... Si sentirà osservato da venti secoli di storia e di letteratura?
«Va bene essere persone fiere, o financo leggermente vanitose, ma da qui a credere che venti secoli di storia e di letteratura osservino me con le mie scarpe infangate, ne corre».
Quali differenze prevede rispetto alla Canterbury-Roma? Meno fatica? Più sole? Mare mosso?
«Il mare sarà una novità. Per il tratto a piedi temo soprattutto la scarsità di sentieri segnati, e quindi una relativa facilità nel perderci, ma confido nell’ospitalità dei locali».
Al ritorno prenderete l’aereo?
«Sì. Olympic airways».
I suoi compagni di viaggio chi sono? Che mestiere fanno? Hanno preso le ferie?
«I miei compagni sono Marcello Fini, già insieme a me negli scout, attualmente bibliotecario e autore di saggi sul territorio bolognese, poi gli amici del gruppo Francigena XXI che si aggregheranno per qualche giorno strappato agli impegni di lavoro».
Ho notato che in questi viaggi siete sempre tutti maschi. Un caso? Una scelta? Le donne amano la vita comoda?
«Diciamo che è una tradizione. E comunque sono molti anche gli uomini che amano la vita comoda...».
Io per esempio. Lei, per quanto giovane, è un padre di famiglia. A casa come l’hanno presa?
«Nessun boicottaggio: ormai sanno con chi hanno a che fare, e nessuno dovrebbe ostacolare le passioni dei propri cari, perlomeno non quelle innocue».
Nel suo zaino c’è posto per un libro?
«Per tre libri. Ma non mi sembra giusto svelare i loro titoli fino a quando non li avrò letti e mi sarò fatto un’idea più precisa del loro valore».
Tra i camminatori usa un augurio particolare?
«Va bene “buona strada” o un pellegrinesco “ultreya”, che significa “sempre avanti!”».
Ultreya, allora.
«Ad Jerusalem!».
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