Da Broadway al Manzoni Craig Harris e i «Tromboni di Dio»

Domani mattina alle 11, nella consueta cornice del Teatro Manzoni, «Aperitivo in Concerto» propone il suo ultimo appuntamento del 2008 e dà l'arrivederci al 28 gennaio 2009, quando sarà di scena il quintetto di David Newman. Questo Concerto di Natale arriva direttamente dall'Apollo Theatre di New York, è in prima europea e in esclusiva italiana, e ha come protagonista il trombonista e compositore Craig Harris, ideatore dello spettacolo God's Trombones. Si tratta di un coro di tromboni, voci e strumenti ispirato alle «shout bands», cioè alle orchestre di ottoni che fra gli anni Venti e gli anni Trenta del secolo scorso accompagnarono le cerimonie religiose afro-americane della Carolina del Sud. Il titolo coincide con il libro dello scrittore e poeta James Weldon Johnson (Jacksonville, Florida, 1871-1938) «God's Trombones, Seven Negro Sermones in Verse» che proprio ora si ripubblica negli Stati Uniti da HighBridge Editore. Johnson ha cercato di ricostruire in versi l'enfasi ritmica e retorica dei predicatori religiosi neri del sud degli Stati Uniti; Harris ne ha ricavato uno spettacolo di teatro-musica che riporta alle radici del jazz, dei canti spirituali e dei Gospel songs. Il cast è composto dalle voci di Gina Breedlove, LaTanya Hall, Trent Kendall e Kevin Anthony, dal quartetto di tromboni formato dallo stesso Craig Harris e da Curtis Fowlkes, Gary Valente e Alfred Patterson, vale a dire dai migliori solisti attuali dello strumento in America. L'orchestra è completata da altri celebri musicisti quali Bob Stewart (tuba), Joe Daley euphonium, Adam Klipple (tastiere), Tony Lewis (batteria) e dalla danzatrice Chanon Judson.
Craig Harris, 55 anni, nato a Long Island, è il tipico autore-esecutore per il quale il futuro ha un cuore antico. Dotato di sonorità vigorosa e di forte senso del ritmo, ha collaborato attivamente, fra gli altri, con i musicisti d'avanguardia dell'Art Ensemble of Chicago, ma nello stesso tempo è in grado, come osserva la critica francese, di riproporre in chiave moderna lo stile jungle del primo Duke Ellington. La sua notorietà ha inizio a metà degli anni Settanta quando lavora e incide con l'Arkestra di Sun Ra. E' poi sodale di Hamiet Bluiett, di Abdullah Ibrahim che allora si chiamava Dollar Brand, di Muhal Richard Abrams, Jaki Byard, Charlie Haden, Lester Bowie, Henry Threadgill e David Murray. Durante i suoi viaggi si interessa agli strumenti popolari e impara a suonare il didgeridoo, un attrezzo a fiato australiano. Organizza anche complessi musicali propri e numerosi spettacoli multimediali.

Tuttavia, se si esamina la sua copiosa discografia, si scopre che a suo nome ci sono appena otto cd concentrati fra il 1983 e il 1993, dei quali il primo e l'ultimo, Black Bone e F-Stops, sono pubblicati dall'etichetta italiana Soul Note. Lunghissimo è invece l'elenco degli album cui Harris ha partecipato sotto il nome di altri jazzisti illustri, il che la dice lunga sul singolare understatement che lo distingue.

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