Le riduzioni di romanzi e racconti sono diventate una linfa vitale per il cinema e il teatro. Si tratta di un materiale a cui attingere con l'utilizzo di mezzi sempre più accattivanti, caratterizzati dalle contaminazioni linguistiche che, a dire il vero, non sempre appaiono originali, perché non sorprendono più e perché si riconoscono appena entri in sala: grandi schermi, videocamere, musica dal vivo, alternanza di canto e recitazione.
Insomma si continua a utilizzare un linguaggio inquinato, frammentato che, per essere accettato, deve possedere delle specifiche qualità che, certamente, non sono mancate al regista Giancarlo Nicoletti che, decidendo di portare in scena "Brokeback Mountain", al Teatro Carcano, fino al 13 dicembre, sapeva di confrontarsi, non solo col racconto della Proulx, ma anche col film Leone d'Oro al festival di Venezia.
Nicoletti ha subito messo le mani avanti, sostenendo che questo è un "suo" spettacolo, con una "sua" linea interpretativa, con un linguaggio scenico non naturalistico, evidenziato dalla bellissima scena che ha concordato con Alessandro Chiti, ispirata a Mondrian, come a sottolineare che, quanto accade sul palcoscenico, mostri una sua geometria compositiva, tutta frammentata, visibile e invisibile, nello stesso tempo, con uno schermo sul quale vengono proiettate immagini degli attori in scena, un po' oscurate da una scalinata che dà l'idea della montagna, dove i due ragazzi, eterosessuali, scoprono il desiderio omosessuale che, all'inizio, potrebbe essere causato dal troppo freddo e, pertanto, dalla scelta di accoppiarsi, non per assecondare una parte della loro natura, fino ad allora a essi stessi sconosciuta, ma per cercare un po' di caldo.
In verità, entrambi scoprono una libido diversa da quella del rapporto col corpo femminile (entrambi si sposeranno), una libido che ha a che fare col corpo maschile. Nicoletti ha puntato al grande evento, costoso, prodotto dal Carcano, da Accademia Perduta, da Altra Scena & G F Entertrainment, ne ha fatto uno spettacolo con musica, scegliendo una nota e affermata cantante: Malika Ayane, accompagnata dalla Live Band, formata da Marco Bosco, al piano, Giancarlo Belli alle chitarre, Giulio Scarpato al basso e al contrabasso, e affidando le parti, da protagonisti, a due eccellenti attori: Eduardo Purgatori e Filippo Contri.
Malika, con voce calda, ha creato un'atmosfera particolare, che rimandava ai luoghi nei quali si era concretizzata l'attrazione erotica tra Ennis e Jack. Debbo ammettere che Nicoletti ha evitato, con cura, qualsiasi aspetto sociologico, ovvero il motivo per cui fu scritto il racconto, che intendeva essere un atto di accusa contro quell'America rurale, scandalizzata dai rapporti omosessuali, che costringeva chi li praticava a nascondersi, a vivere in un profondo isolamento, subendo discriminazioni di ogni genere, giustificate da norme sociali e culturali da Medio Evo, quando non c'era alcuna legge che potesse minimamente tutelare chi praticava l'omosessualità.
A dire il vero, all'autrice interessava lanciare un messaggio, allora, complesso, capace di evidenziare una situazione insostenibile, carica di pregiudizi, di ostilità, tanto che l'omosessualità veniva considerata una malattia mentale o un disturbo psicotico.
Per fortuna, nel giro di pochi decenni, si è arrivati alla libertà sessuale con delle leggi che la difendono, pertanto l'argomento, trattato dal punto di vista sociologico, non reggeva più, motivo per cui Nicoletti ha optato per un genere inconsueto, avvalendosi di Malika che, con grande professionalità, intrattiene il pubblico, oltre che della bravura dei due protagonisti.