Bronzi clonati e piante nane: ecco la Milano che non piace

Dopo il caso delle speculazioni edilizie al «Qt8» e il garage Podgora, i cittadini si scatenano segnalando brutture urbanistiche e «mostri» architettonici

Marta Bravi

Sembra che i cittadini non aspettassero altro. Che non osassero parlare o che non sapessero con chi farlo. Adesso lo sanno. L’uomo della polemica, il «vendicatore del bello», è arrivato in città per dichiarare guerra alle brutture urbanistiche, agli orrori architettonici, all’arredo «stonato». E i cittadini, su invito dell’assessore alla cultura Vittorio Sgarbi, ci scrivono per segnalare ciò che più irrita il loro senso estetico. All’occhio vigile delle «spie dei quartieri» non sfugge nulla, nemmeno i particolari.
Lo sapevate, per esempio, che Milano possiede una copia dei Bronzi di Riace? In via Palmanova, all’altezza del metrò Crescenzago, si innalzano possenti davanti all’ingresso dell’Hotel Adam due magnifiche copie in gesso. «Un obbrobrio» li definisce la lettrice Silvana Ballarini, il cui senso estetico viene impunemente ferito ogni mattina che prende la metropolitana. Che dire della «piante nane» di piazza Duomo? Forse non tutti hanno notato l’orrore botanico che importuna il panorama all’ombra della Madonnina. Certo la fretta dei milanesi è proverbiale, ma c’è sempre un’eccezione: la signora Maria Grazia Castellazzi ne è rimasta turbata. Così come il signor Stefano Gorni, il quale che ha avuto il coraggio di avvicinarsi alla fontana, nonostante le «esalazioni» che emana. «Orrore e raccapriccio...»: la fontana è una foresta di alghe melmose. E dire che la piazza è stata restaurata di recente e dovrebbe costituire un biglietto da visita per chi va in Fiera.
Per non parlare dei balconi arrugginiti e della facciate scrostate dei palazzi degli anni Settanta di via Ripamonti, «squallide bandiere del progressivo degrado»... Chissà quanti turisti e cittadini li hanno notati pensando «Che vergogna!».
Adesso però il critico d’arte ha deciso di prendere in mano la situazione, con l’aiuto e la partecipazione dei cittadini, per cambiare le cose. Ma facciamo un passo indietro.
Tutto comincia venerdì 21 luglio quando il consigliere comunale Enrico Fedrighini e il comitato di quartiere Qt8 invitano Vittorio Sgarbi a fare un sopraluogo nel quartiere, minacciato da speculazioni edilizie. L’assessore s’infuria e urla allo scandalo. È da qui che parte la sua missione: bloccare il cantiere della vergogna, e tutti i casi simili. Il giorno seguente arriva a il Giornale la segnalazione dell’imminente abbattimento del garage di via Podgora, prima autorimessa pubblica in città, datata 1926. «Un edificio che ha ottant’anni non può essere abbattutto per far posto all’ennesimo obbrobrio».

Telefono alla mano, Sgarbi si rivolge al sindaco Moratti e al sovrintendente Artioli perché impediscano lo scempio. «Non solo - aggiunge - sottoporrò il caso al ministro per i Beni culturali Francesco Rutelli, che ha dichiarato che l’architettura del Ventennio va protetta».

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