Riccardo Signori
nostro inviato a Helsinki
Ci voleva la Coca Cola, non ci voleva lintegratore. Il viso lungo e triste di Ivano Brugnetti dice tutto, le parole spiegano un calvario. Credeva bastasse una medaglia doro, loro di Atene, non uno qualunque, per sentirsi corazzato. È bastato un mal di stomaco per ammaccare fisico e credo. Forsanche un allenamento non perfetto. Il mondiale dellItalia è cominciato a marcia indietro. In tutti i sensi. Stavano nel conto i flop di Vizzoni e della Cusma, leliminazione di Collio nei quarti dei 100 metri. Non ci stava quel Brugnetti piegato in due al bordo della strada, intento a litigare con lo stomaco che non voleva saperne di lasciarlo respirare e nemmeno di liberarsi. «È stata colpa del freddo, mi era già accaduto due mesi fa a La Coruña. Eppure avevo preso una precauzione: messo vaselina sullo stomaco. Per stare tranquillo».
Invece traditor fu quellintegratore bevuto prima di partire. «Il solito integratore che serve per gli zuccheri», ha raccontato Antonio Latorre, lallenatore del campione olimpico che ha capito il dramma dellallievo senza poter intervenire. «Noi tecnici eravamo collocati troppo lontani dalla strada. Sennò gli avrei allungato una Coca Cola, è il rimedio che usano i maratoneti per lo sblocco gastrico. Fa un effettone. Un sistema che abbiamo usato anche noi con Ducceschi alle Olimpiadi di Los Angeles: soffriva di questi problemi ed allora gli allungavamo due rifornimenti di acqua e due di Coca: effetto garantito. Qui non cè stata la possibilità». E Ivano Brugnetti che aveva sognato, di notte e di giorno, fatica dopo fatica, allenamento dopo allenamento, un ingresso sulla pista dello stadio olimpico di Helsinki in stile Atene, si è ritrovato a lottare contro lo spagnolo Fernandez e Jefferson Perez, lo scatenato re dellEcuador per lennesima volta sul tetto del mondo, con i cinesi e i russi, ma soprattutto con il suo stomaco. «Tutto bene fino al quarto chilometro, poi sono cominciati i guai. Ho perso contatto, mi sono ripreso. Al decimo chilometro ero di nuovo in sella con Fernandez, ma nel giro di mezzo chilometro mi sono bloccato. Mi sono fermato tre volte, ho provato a vomitare, mi sono messo pure un dito in gola. Niente». Fine dopo 59 minuti di gara, dodici chilometri e mezzo di percorso.
Da vomito è rimasta solo quellimmagine sua, chinato a cercare aria e liberazione per lo stomaco, mentre Perez ha cominciato a filare solitario verso il raddoppio del titolo mondiale della 20 km: aveva vinto a Parigi, ha replicato qui, dopo il flop dellanno passato ad Atene. Meraviglioso camminatore tutto ritmo e stamina, sorta di eroe nazionale la cui faccia è finita sui francobolli dellEcuador dopo il successo ai Giochi di Atlanta 96: Perez vinse e mantenne una promessa religiosa marciando per 459 km da Quito a Cuenca attraverso la Pan American Freeway ad unaltitudine fra i 2500 e i 4800 metri. Oggi Perez è ricco e riverito, ha messo danari in cassa per sè e per la famiglia, ma anche ieri sembrava un ragazzino al primo succeso e non un campionissimo di 31 anni. Brugnetti, invece, si è rintanato nel suo sconforto. Con un cruccio: «Non ho onorato la medaglia che rappresento. Era giusto almeno arrivare: per me, per lItalia, per la squadra». Ci riproverà. Con unidea: «La prossima volta mi metto una muta, così non sento freddo».
Oggi invece 20 km per le donne.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.