Pubblichiamo ampi stralci dell’intervista rilasciata ieri dal ministro della Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, al massmediologo Klaus Davi nella trasmissione «KlausCondicio» in onda sul sito internet YouTube (www.youtube.com/klauscondicio).
Uno dei messaggi chiave del suo libro dice che noi italiani dobbiamo lavorare sì di più, ma soprattutto che dobbiamo lavorare meglio. È corretto?
«Intanto deve lavorare meglio la pubblica amministrazione. Perché il resto dell'Italia se non lavora non mangia. Se il commerciante non lavora, non mangia, se l'artigiano non lavora, non mangia, se il libero professionista non lavora non mangia…se lei non lavora non mangia. Tutti quelli che sono legati al mercato devono per forza lavorare e devono per forza essere efficienti, produttivi, gentili, carini, bravi, preparati, competitivi. Questa stessa condizione non esiste nel settore pubblico, nella pubblica amministrazione, perché li il mercato non c'è (...).
Quali sono le isole (una fotografia non ancora scientifica… ) di cui il ministro è più soddisfatto? Ferrovie, trasporti, dov'è che vede i primi segnali di reazione. Mi dia questa chicca…
«Ma no, per esempio, gli enti locali funzionano abbastanza bene».
Quindi 6+?
«7; là dove l'amministrazione è vicina alla gente e ne sente il fiato sul collo, normalmente funziona meglio».
Scuola?
«Scuola abbastanza… ».
Sei?
«Anche 6 meno».
Università?
«5».
Sanità?
«Dipende da dove. Al sud male, malissimo, 4 anche 3 e anche 2 e anche 1, al centro siamo tra il 4 e il 5, al nord siamo tra il 7 e l'8».
Comuni?
«I comuni vanno bene… anche lì, centro sud così così, centro nord... bene».
Facciamo 5 e 7… Le regioni?
«Regioni, anche li dipende. Purtroppo l'Italia è lunga… ».
Energia?
«Dipende. Sui costi malissimo».
Nel senso che la paghiamo troppo? È una disfunzione anche questa?
«La paghiamo troppo. Non è una disfunzione. Abbiamo fatto scelte sbagliate, avendo abbandonato il nucleare negli Anni ottanta, e c'è un 30% di costi in più rispetto agli altri Paesi».
Quindi un 3 ma non dovuto a voi…
«Vede, tutti questi voti vengono da lontano… voti che riguardano solo parzialmente… ».
I ministeri?
«I ministeri malissimo».
Lei si boccia?
«Le burocrazie ministeriali non vanno bene. Innanzitutto sono troppo romane. Dovrebbero essere distribuite un po' in tutta Italia».
Le dislocherebbe?
«Assolutamente sì… non si capisce perché in un triangolo più o meno delle Bermude debba esserci tutta la burocrazia ministeriale del Paese».
Ovviamente il ministro non ha nulla contro i romani, il problema è un altro… i ministeri devono riflettere la complessità dell'Italia.
«Un bel ministero delle Finanze io lo metterei a Milano (...) ».
Nel libro dice che era figlio di piccolissimi imprenditori, quasi operai, ma studiava latino e greco da privatista. Ma come ha fatto a dare gli esami di latino e greco da privatista?
«Leopardi è stato un incubo. Studiavo da solo con una ripetitrice che era la figlia di una cliente della sarta di mia madre (...) ».
Lei vuol cambiare, lei vuole che chi sbaglia paghi...
«Ma certo. Però nel settore pubblico ci sono regole diverse. Ad esempio: io privatizzerei la Rai, totalmente».
Ci volevo arrivare...
«Assolutamente».
Uno dei leitmotiv del libro è la trasparenza, al limite, se mi permette questa mia interpretazione, dell'autolesionismo. Lei dice, non me ne frega niente, io metto tutto in modo che la gente sappia tutto.
«Ho visto che anche Obama sta facendo così, l'ha copiato».
L'ha copiata. Massima trasparenza, solo così io divento credibile. Ci sono momenti in cui mette in discussione…
«Quanti insulti mi sono preso perché io ho pubblicato il mio stipendio, lo stipendio dei miei collaboratori. La prima ondata è stata di insulti: "Porci, infami, rubate il denaro pubblico". Nessun "bravi che avete pubblicato", quello no. È anche questo è un costo che si deve… ».
Ma adesso sta facendo trend, scuola…
«Abbastanza, non come vorrei. (...) ».
Torniamo alla Rai, tema della trasparenza dicevamo il leitmotiv è come un chiodo che ribatte continuamente nel libro. Stipendi Rai: sì, quindi si deve sapere cosa guadagnano i conduttori.
«Assolutamente sì».
Da mettere nel sito Rai.
«Assolutamente sì. Tutti gli artisti (...) ».
Lei è un creativo, è un uomo di scienza, però è anche un creativo. Una fiction fatta bene, ovviamente con tutti i crismi, che proverà a veicolare, quando ci saranno, le «scemenze» della pubblica amministrazione, la vede favorevole?
«Non me ne intendo, non ci capisco nulla… ».
Troppi poliziotti dietro la scrivania, se 2/3 andassero fuori sarebbe d'accordo?
«Dipende dalla faccia. Spesso quelli che sono dietro a una scrivania non sono più adatti ad andare fuori. Quindi occorre cambiare la cultura dei sistemi di sicurezza».
Cioè?
«Cioè meno burocrazia e più contatto con il cittadino, più on the road, sulla strada».
Quindi è d'accordo?
«Certamente, adesso come adesso non è così facile dire dalla scrivania alla strada. Non mi prenda il panzone, il passacarte e me lo mandi per strada perché lì se lo mangiano. Bisogna cambiare il concetto stesso di sicurezza e la sicurezza deve essere fatta da chi sa fare sicurezza, quindi, se si prende questa decisione sempre in democrazia perché mai dovremmo, non è più così non sarà più così, rinnovare il passaporto in questura. Non ci siamo mai chiesti la follia di questa cosa? Per cui un poliziotto deve fare da burocrate, il passacarte per darci fare il passaporto? Il burocrate faccia il burocrate, i poliziotti con la pistola e il manganello in giro per le strade, nelle gazzelle, nelle automobili, in elicottero… questa deve essere la sicurezza. La sicurezza non deve essere burocrazia e purtroppo invece gran parte, parte se non gran parte, del nostro capitale umano impiegato nei sistemi di sicurezza è impiegato a produrre carte, produrre burocrazia»
Nel pomeriggio il ministro rettifica le sue dichiarazioni: «Chiedo scusa ai bravissimi poliziotti con la pancia nessuna offesa nei loro confronti. Ho sbagliato a usare la parola “panzoni”».
Berlusconi ha detto due o tre anni fa, che i giovani industriali dovrebbero impegnarsi di più e fare meno weekend. È cambiato qualcosa secondo lei?
«Con la crisi sì, secondo me con la crisi sì. La crisi è un distruttrice di weekend (...) ».
Marcello Dell'Utri ha detto in una nostra intervista l'antimafia… è importante, è fondamentale la lotta alla mafia, ma bisogna sapere anche lì i costi e i benefici. Lei è d'accordo?
«Sciascia parlava dei professionisti dell'antimafia. Stiamo molto attenti… Io non amo gli anti, io preferisco le regole e far rispettare le regole. Se in Italia si rispettassero le regole non ci sarebbe bisogno dell'antimafia, perché la mafia è una criminalità come le altre e dovrebbe essere perseguita come tutte le altre».
Quindi il suggerimento che è implicito nel suo discorso qual è? Rendiamola più efficiente, meno ideologica?
«Cosa?».
L'antimafia?
«Ma io addirittura le scioglierei, nel senso che mi piacerebbe che non ci fosse lo specifico della mafia».
La scioglierebbe idealmente, scusi. Scusi …
«Mi spiego. C'è un'antimafia perché c'è una mafia. La mafia è una tipologia di criminalità come dire, specifica, deviante e che avrebbe bisogno, che ha bisogno di regole speciali. A me non piacciono le regole speciali. Chi fa un crimine deve essere colpito. E la mafia è criminalità organizzata (...) .
Si va in ufficio in giacca e cravatta, anche i dirigenti e i top manager nel settore pubblico. Però un'azienda che lei cita due volte nel suo libro, almeno io l'ho notata due volte, la Microsoft, non casualmente, ma perché con Microsoft si fanno operazioni sulle rete molto importanti, ha inventato il Friday-wear, cioè il venerdì si può andare in ufficio anche in stile informale.
Se lo fanno nelle amministrazioni pubbliche lei è d'accordo o contrario?«Io sono contrario».
Perché? Diciamolo.
«Perché quando si è un'azienda pubblica e si ha a che fare con il pubblico si hanno dei doveri in più».
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