Simone Mercurio
In tempi di musica elettronica, nellera dei campionamenti digitali e dei bit trasformati in suoni, risulta quantomeno sorprendente il successo di un giovane crooner come Michael Bublè, questa sera in concerto alla Sala Santa Cecilia del Parco della Musica (ore 21) per il cartellone del «Roma Jazz Festival».
Nella Capitale dopo aver fatto per otto volte il giro del mondo in tour, oggi Bublè sta incantando le platee di mezzo mondo e molti ricordano la sua simpatica performance nel Sanremo di Bonolis dello scorso anno e nel divertito duetto canoro nello show televisivo di Fiorello. Cè già chi lo considera il nuovo Frank Sinatra, e Michael Bublè è davvero, anche lui come ai tempi «the voice», un «golden boy». Partito da Vancouver per cantare il grande repertorio della canzone americana, la critica si è domandata se ci fosse davvero bisogno di un doppione delle grandi voci degli anni doro della canzone swing a stelle e strisce che va da Sinatra a Nat «King» Cole passando per Bing Crosby. La domanda è ormai oziosa.
È una razza un po incompresa, quella dei crooner. Di quelli cioè che, verbo alla mano, «cantano canzoni pop in un modo soffice e sentimentale». Se in Italia il primo album di Michael è stato acquistato da 350mila persone (secondo solo a Vasco), imitate da milioni di appassionati sparsi per il mondo, è evidente che questo tipo di approccio alla canzone non passa di moda e piace anche ai giovani del terzo millennio.
Al di là di futili dietrologie nellanalisi del fenomeno, Bublè è un ragazzo con talento e stile. Brillante e ammaliante, quasi quanto i suoi progenitori canori. E così, il giovane crooner canadese presenterà in concerto gran parte dei suoi successi, anche quelli contenuti nel suo ultimo album Its time che rispolvera i più grandi classici della musica internazionale in modo leggero, fresco, divertente ed elegante.
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