Bufera in Confindustria «Montezemolo morbido col governo»

Vertice a Milano: il leader attacca la Finanziaria ma non evita durissime critiche

Gian Maria De Francesco

da Roma

Il presidente di Confindustria, Luca Cordero di Montezemolo, ieri ha nuovamente attaccato il governo per l’orientamento penalizzante della Finanziaria nei confronti delle imprese. Ma nel comitato di presidenza straordinario a Milano ha dovuto a sua volta respingere gli attacchi dei suoi colleghi imprenditori per l’atteggiamento ritenuto «troppo morbido» nei confronti dell’esecutivo. E sulla riforma del Tfr anche i ministri non la pensano allo stesso modo.
Imprese. «Abbiamo bisogno di sentire un po’ di tifo per chi intraprende, per chi ha il coraggio di competere. Abbiamo bisogno di sapere che per redistribuire ricchezza bisogna crearla». Non è stato tenero ieri Montezemolo nei confronti della Finanziaria «sociale» del governo Prodi ricordando che «le imprese sono il motore della crescita e creatrici di ricchezza ma sono appesantite da troppe tasse dirette e indirette». Insomma, la legge di bilancio non cambia il quadro economico: troppa invadenza del pubblico e poco sostegno a coloro che si confrontano con il mercato globale. Una presa di posizione che non ha evitato a Montezemolo le durissime critiche del comitato di presidenza straordinario svoltosi ieri a Milano. Il cuneo fiscale ammorbidito e la riforma del Tfr non sono piaciuti a molti imprenditori che hanno visto con sospetto l’introduzione della mobilità lunga e del bonus bollo per gli autoveicoli «Euro 4», misure che avvantaggiano proprio la Fiat di Montezemolo. Circa otto ore di confronto nel quale alcuni componenti avrebbero chiesto al presidente un redde rationem, non hanno ricomposto tutte le incrinature. Anche il leader della piccola Industria, Giuseppe Morandini, avrebbe minacciato il disimpegno. Il comunicato diramato al termine della riunione definisce «sbagliata e ingiusta» la riforma del Tfr ed esprime timore per una legge dalla quale ci si attendevano «più tagli agli sprechi e meno tasse».
Tfr. Ma anche il governo è diviso sulla riforma del Tfr. La proposta di trasferire all’Inps dall’anno prossimo il 50% delle liquidazioni che i dipendenti non destineranno ai fondi pensione (5 miliardi la stima dell’introito) ha evidenziato le discordanze tra i componenti dell’esecutivo sulla possibile interpretazione da parte della Commissione Ue. Eurostat potrebbe giudicare la misura un mero trasferimento di debito dalle imprese allo Stato e non una riduzione dell’indebitamento determinata dai minori trasferimenti che saranno devoluti all’istituto previdenziale. «C’è già una clausola che sottopone la misura a una coerenza comunitaria che molti dubitano ci sia e io sono tra questi», ha detto ieri il ministro delle Politiche europee, Emma Bonino. Di diverso avviso il ministro dello Sviluppo economico, Pier Luigi Bersani. «Siamo assolutamente tranquilli. Casomai, siamo attrezzati, ma escludo anche il casomai». Il problema non è di poco conto: un’eventuale bocciatura Ue modificherebbe il saldo della Finanziaria erodendo 5 miliardi di risorse destinate allo sviluppo delle imprese. C’è un altro fronte aperto. Le imprese perderanno una fonte di finanziamento a basso costo e dovranno rivolgersi al sistema bancario che fornirà credito a tassi più elevati. «Speriamo che venga chiarito questo pasticcio.

Il governo ha messo mano senza dire nulla: di fatto è anticoncertazione», ha sottolineato il vicepresidente di Confindustria, Alberto Bombassei. A far da pompiere il ministro del Welfare, Cesare Damiano: il governo aprirà l’ennesimo tavolo di confronto.

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