Bufera sull’Arma, otto carabinieri in cella

Altro trucco molto usato, era infilare bustine di hashish in tasca agli stranieri

Enrico Lagattolla

Da un lato un’associazione per delinquere dedita al traffico di stupefacenti. Dall’altro, un gruppo di carabinieri del Nucleo Radiomobile coinvolti in una serie di episodi su cui la Procura intende fare luce. In mezzo un’indagine che toglie il velo sugli illeciti commessi da otto militari. In totale, diciassette persone finite agli arresti. E per gli uomini dell’Arma, l’accusa è di peculato, calunnia, falso in atto pubblico e concussione.
Nel primo gruppo compaiono tre tunisini, un marocchino e cinque pregiudicati italiani, di cui due fratelli. Nel secondo, otto carabinieri tra semplici graduati e sottufficiali. Il quadro che emerge dalle quasi duecento pagine di ordinanza di custodia cautelare firmata dal giudice per le indagini preliminari Giovanna Verga è tutt’altro che rassicurante.
Secondo la ricostruzione, così agivano gli otto indagati: fermavano gli spacciatori per poi lasciarli andare solo dopo essersi impossessati di denaro e telefoni cellulari. Ancora, chiedevano soldi ai cittadini stranieri minacciandoli di arresto, dopo aver fatto scivolare nel taschino delle loro giacche una bustina di hashish. E poi quel meccanismo che, secondo gli inquirenti, si ripeteva sempre uguale a se stesso: intascare parte del denaro sequestrato, e dichiarare a verbale quel che restava. Una pratica che andava avanti da tempo. Almeno tre anni.
L’indagine, coordinata dal pubblico ministero Alessandra Dolci della Dda (Direzione distrettuale antimafia) e condotta dai carabinieri di San Donato, ricostruisce una storia criminale che risale alla fine del 2001, e arriva sino agli inizi del 2004. Tutto ha origine da un’inchiesta su un’associazione per delinquere dedita al traffico di stupefacenti, che vedeva coinvolti cinque italiani e tre nordafricani.
Dopo i primi interrogatori, però, sarebbero emerse anche le responsabilità dei militari. Agli inquirenti, infatti, vengono riferite le condotte «anomale» che i carabinieri impegnati nelle operazioni avrebbero tenuto in diverse occasioni. E, dalle ricostruzioni, risulta che gli otto militari avrebbero accusato le «vittime» di reati mai commessi e, soprattutto, avrebbero falsificato i verbali di sequestro, dichiarando meno delle somme confiscate, e trattenendone per sé una parte. Somme che, in seguito, si sarebbero spartiti. Poche migliaia di euro per volta, per una decina di episodi in totale. Mentre uno solo dei militari arrestati sarebbe anche accusato di consumo e spaccio di droga.
Prima, l’attenzione degli investigatori è stata rivolta a uno dei carabinieri. Ma nel prosieguo delle indagini, sarebbe emerso anche il ruolo degli altri sette. «Singole responsabilità - spiega il colonnello dei carabinieri Enzo Bernardini - che dovranno essere accertate, ma che non alterano in alcun modo il nostro impegno nel contrasto a ogni forma di criminalità». Quindi, «i comportamenti devianti dovranno essere portati alla luce, e perseguiti con il giusto rigore».
Episodi che non avrebbero nulla a che fare con l’organizzazione di spacciatori da cui l’indagine è partita, ma che hanno comunque spinto il pm Dolci a fare richiesta di arresto. Gli otto carabinieri, infatti, erano fino a ieri in servizio, col rischio di reiterazione del reato, di inquinamento delle prove, e di fuga.

Di qui la necessità di una misura di custodia cautelare. Una richiesta accolta dal giudice per le indagini preliminari Giovanna Verga, che oggi pomeriggio interrogherà gli indagati, finiti ieri nella camera di sicurezza della caserma di via Vincenzo Monti.

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