Una bugia per separarli Rosa e Olindo in carceri diverse

Separati. Lontani, lontanissimi. Lei a Vercelli, Piemonte. Lui a Piacenza, Emilia-Romagna. Olindo Romano e Rosa Bazzi, condannati per la strage di Erba all’ergastolo con isolamento diurno dal Tribunale di Como non si vedranno più, almeno per un bel po’. Lo ha deciso la Direzione generale detenuti del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap) guidata da Sebastiano Ardita, «investita» del caso dopo che il provveditore regionale del Dap lombardo, Luigi Pagano, non ha trovato un carcere adatto nonostante le ipotesi circolate nei giorni scorsi (Bollate) e le rassicurazioni sui tempi di trasferimento. E soprattutto a dispetto del parere di psicologi e psichiatri del «Bassone» di Como, secondo i quali i due, separati, sono a rischio suicidio.
«Saranno sorvegliati a vista e avranno il massimo del sostegno psicologico ma - dicono ambienti del Dap - ciò non giustificava trattamenti di favore. Rosa e Olindo continueranno a incontrarsi secondo quanto previsto dall’ordinamento penitenziario».
Non più una volta a settimana, come succedeva ogni giovedì a Como, ma «circa una volta al mese». Sono le stesse regole, precisa il Dap, valide per centinaia di coniugi detenuti.
Una spiegazione che non va giù agli avvocati difensori di Olindo e Rosa. Fabio Schembri parla di «situazione machiavellica all’italiana». «Non capisco - ha spiegato - per quale ragione siano stati trasferiti. Vero è che il diritto di colloquio è costituzionalmente assicurato, ma non vorrei che sorgessero dei problemi riguardo a chi debba portarli da un carcere all’altro».
È andato giù duro invece Enzo Pacia: «È un provvedimento disumano, sconsiderato e pericoloso per l’incolumità dei coniugi - dice al Giornale - manca solo che qualcuno approfitti della situazione per estorcere l’ennesima confessione, da pubblicare su qualche giornale. Porterò la vicenda alla Corte europea di Giustizia». Secondo il legale comasco, che cita un passaggio della Bibbia scritta in carcere da Olindo, «l’uno o l’altro volerà volontariamente nel regno dei morti».
La coppia non ha saputo della separazione fino all’arrivo nei due penitenziari. Quando intorno alle 13 i due sono saliti separatamente su due furgoni della polizia penitenziaria non hanno né pianto, né urlato. Convinti, probabilmente, che si sarebbero rivisti di lì a poco. Una volta giunta al carcere di Vercelli intorno alle 15, però, Rosa, da quanto si apprende, non vedendo il cellulare con il marito, avrebbe chiesto: «Dov’è l’Olindo? Quando potrò vederlo?». Una domanda che sarebbe stata ripetuta in «maniera ossessiva» agli agenti del penitenziario piemontese, famoso negli anni ’70 per aver «ospitato» (insieme) Doretta Graneris e Guido Badini, i «fidanzati maledetti» di Vercelli che nel ’75 sterminarono cinque persone per un’eredità. La risposta le verrà data oggi dal direttore del carcere Antonino Raineri «con tutte le cautele del caso per evitare qualsiasi contraccolpo psicologico».
Rosa sarebbe già stata visitata dal medico dell’istituto e a giorni incontrerà psicologici e psichiatri. È rinchiusa in una cella singola, guardata a vista dalle guardie, isolata dalle altre detenute. Ignare del suo arrivo, seppure per poche ore.

Nell’altra ala del carcere, ironia della sorte, c’è anche il fratello di Azouz Marzouk, il tunisino cognato di Raffaella Castagna e zio di Youssef, due delle quattro vittime della strage di Erba. Anche lui, oggi, verrà trasferito in un altro carcere. Perché tra le sbarre le notizie viaggiano velocissime.
felice.manti@ilgiornale.

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