Controcultura

"Bugie, insulti, gossip? L'unico limite è il codice penale"

Giuseppe Cruciani - voce dissonante e posizioni provocatorie - sostiene che non sono le notizie a essere false. È falso il problema

"Bugie, insulti, gossip? L'unico limite è il codice penale"

Fake news, decaloghi anti-bufale per gli studenti (lo hanno stilato il presidente della Camera Boldrini e il ministro dell'istruzione Fedeli), incitamento all'odio in Rete e falsi profili. L'informazione ai tempi della post-verità. C'è di che preoccuparsi. Ma qualcuno, come Giuseppe Cruciani, conduttore su Radio 24 del programma La Zanzara - voce dissonante e posizioni provocatorie - sostiene che non sono le notizie a essere false. È falso il problema.

È così? Le prime fake news sono le fake news?

«Le fake news non esistono. Esistono notizie che possono essere interpretate, anche se a qualcuno danno fastidio. E poi esistono notizie false, punto. Il problema delle fake news esiste solo per chi ha interesse a fare una campagna mediatica - cioè una propria propaganda personale - contro certe notizie, o interpretazione delle notizie, che non condivide. Sono i grandi moralizzatori che si scagliano contro il gossip, le posizioni politicamente scorrette, l'inverificato... Ma non è mai successo nella storia, prima d'ora, che qualcuno criminalizzasse il gossip, ad esempio. E che cos'è il gossip, secondo le categorie di certi censori, se non una fake news? Ma il gossip fa parte di un'informazione sana. Infatti nei Paesi in cui non c'è gossip non c'è democrazia».

Per qualcuno la democrazia e la libertà di pensiero è messa a rischio anche dai poliziotti del politicamente corretto.

«Basta non retrocedere di un passo, mai. Io ne so qualcosa. Se faccio l'elogio della carne, i vegani mi vogliono silenziare. Se parlo di abitudini sessuali, insorgono i perbenisti. Se critico i musulmani, mi accusano di islamofobia. Se dico che non voglio clandestini in Italia divento un razzista senza diritto di parola. Se manifesto dubbi sul caso Weinstein, sono uno sporco sessista. Tutti vogliono insegnarti come devi parlare. Ecco: quando qualcuno mi chiede di moderare i termini, senza spiegarmi il perché, io continuo. Anzi, alzo i toni. La cessione di spazi di libertà d'espressione è sempre la premessa alla cessione di spazi di sovranità. Mai retrocedere. Ci si ferma solo davanti al codice penale, oppure a un'Authority».

E l'hate speech? Alcuni giuristi americani pensano che alcuni discorsi che potrebbero essere considerati incitamento all'odio debbano essere esclusi dal Primo emendamento che tutela la libertà di espressione a 360 gradi.

«Una follia. E non a caso sostenuta dalle stesse persone che denunciano il pericolo delle fake news, che vogliono zittire le voci dissonanti, che chiedono di oscurare i siti internet complottisti, suprematisti, negazionisti... Invece tutto ciò - anche se nessuno di noi condivide le idee degli incitatori all'odio - è fondamentale in un sistema di informazione democratico. Prima deve rimanere ferma la libertà delle proprie opinioni, sempre e comunque. Dopo c'è il codice penale e tutti i mezzi che lo stato di diritto prevede per rivalersi di eventuali offese, calunnie, diffamazioni...».

Il punto è che la stragrande maggioranza dei cittadini si informa tramite i social network. E molti dicono che il web è incontrollabile, che molti siti sono vere fogne...

«Non sopporto i giornalisti che vogliono emendare il web, renderlo più buono, togliere insulti e volgarità... È la negazione stessa del web. È come pensare un mondo senza delitti. Una posizione ridicola oltre che inutile. Internet, pur col suo lato oscuro, aiuta a fare emergere e riconoscere la parte nascosta di un Paese, di un mondo. Le aggressioni verbali, gli insulti, le falsità possono e devono essere perseguite per legge, anche se l'iter è lungo e difficoltoso. Però, al netto di tutto questo, il web mostra ciò che altri mezzi non sono in grado di vedere. È un po' quello che accadde con Radio parolaccia, quando Radio radicale trasmetteva senza selezioni e censure le telefonate del pubblico: fu lì, nei primi anni '90, che si capì la pancia del Paese, l'ascesa della Lega, la società che cambiava... Cose di cui i giornali non si erano accorti».

Ecco, i giornali...

«Perché? Nei giornali non ci sono fake news? Non raccontano bugie? Non fanno l'interesse di qualcuno? Si condanna il web come immorale e poi si fa finta di non vedere i conflitti di interesse dei gruppi editoriali, i legami tra informazione e politica, tra giornalismo ed economia, l'inesistenza in Italia di un editore puro... E comunque, non solo il web è più libero, ma anche meno ipocrita: è di parte, fazioso, anche violentemente fazioso a volte, pieno di spazzatura e volgarità magari.

Ma non si erge a depositario della Verità, come fa la grande informazione».

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