Bur, la collana che ha insegnato agli italiani quanto vale un classico

La storica collana di tascabili Rizzoli compie 60 anni. Per festeggiarli un convegno e una nuova veste grafica. Volumetti figli di un'Italia povera, oggi sono la gioia dei bibliofili. Quando il Angelo Rizzoli esclamò: «Altro che cultura! Con questi libri si guadagna un sacco di soldi»

Era appena finita la guerra, e arrivarono quei volumetti (oggi sogno di tutti i bibliofili) con quelle copertine grigie figlie di un' Italia povera... Eppure poche collane come la Bur, la storica collana di tascabili Rizzoli, hanno aiutato a crescere il Paese. Oggi il Paese è diventato adulto, anche se legge molto meno di allora, ma la Bur c'è ancora. E festeggia i 60 anni di vita riproponendo i suoi classici con una nuova veste grafica e con una tavola rotonda a Milano, domani, mercoledì 18 febbraio alle 11 (Villa Necchi Campiglio, Via Mozart 14) con la partecipazione di Philippe Daverio che parlerà di divulgazione come «ipotesi politicamente scorrette»; Ottavio Di Brizzi, direttore editoriale della Bur, che illustrerà tutte le iniziative della casa editrice; Ernesto Ferrero, direttore della Fiera internazionale del Libro di Torino parlerà di «Libertinaggi editoriali: cataloghi e palinsesti, cultura alta e trasgressioni pop» e Donald Sassoon, professore di storia europea comparata al Queen Mary College di Londra, tratterà di «Leggere a buon mercato: la nascita delle edizioni economiche nell'Europa dell'Ottocento». La Bur - Biblioteca universale Rizzoli - nasce nel 1949 in formato tascabile (10,5 x 15,7 cm) con i volumetti grigi che molti lettori hanno ancora, magari spaiati e squinternati, in biblioteca. E che sfogliano sempre con affetto e riconoscenza. Come scrisse Giorgio Manganelli: «Sono volgarucci, non presuntuosi, si lasciano distruggere e subito rinascono, ho amato la prima Bur come si può amare un libro assai prima delle pattuizioni con la morte. Quei libri umili, grigi, un poco degradati, erano la grappa quotidiana di un giovane alcolizzato». Il progetto della collana è dell'industriale e funzionario editoriale milanese Luigi Rusca, mentre Paolo Lecaldano ne è il responsabile editoriale per tutta la prima serie: dal gennaio 1949 al maggio 1949, escono circa 20 titoli. Il primo titolo è "I promessi sposi", poi arrivano "Teresa Raquin" di Zola e "Il fantasma di Canterville" di Oscar Wilde. Alla fine del primo anno sono presenti in catalogo 42 autori, per 100 numeri. La collana propone autori consacrati dalla tradizione, ma si rivolge a un mercato nuovo, cioè a quei lettori che non possono spendere, ma che sono desiderosi di accostarsi al libro. Il successo della Bur è sottolineato dalle tirature: nel settembre 1949 lo standard è di 20.000 copie fino al luglio 1951. Nel maggio 1962 la tiratura è a 12.000 copie con punte di 15.000. Nel primo decennio di attività, esclusi i primi due anni, la produzione Bur si attesta sui 143 numeri che corrispondono a 60 titoli annui. Complessivamente dal gennaio 1949 all'aprile 1972 la collezione ha proposto 800 titoli per 2480 numeri, per un totale di 910 volumi. Oggi in catalogo ci sono più di 3500 titoli. Copertine essenziali, di calcolato minimalismo («una veste vecchia perché non invecchiasse, e sporca perché non si sporcasse», fu spiegato in seguito), rivestono capolavori della letteratura universale, venduti a un prezzo molto basso, stabilito secondo un sistema modulare (50 lire ogni 100 pagine). I volumetti Bur si presentano con caratteristiche editoriali costanti. La traduzione viene commissionata appositamente, ed è sempre integrale. Le introduzioni sono brevi, più esplicative che interpretative, e il corredo di note o appendici è più esplicativo che di approfondimento. In sintesi, traduzioni e cure predisposte per una collezione popolare, nel senso che l'aggettivo aveva nella tradizione editoriale di fine Ottocento, cioè rivolta, con preciso intento di formazione, a lettori non specialisti.

Una scommessa riuscita. Al punto che, come si tramanda, Angelo Rizzoli, convinto inizialmente all'impresa in nome della sua qualità culturale, avrebbe esclamato: «Altro che cultura! Con questi libri si guadagna un sacco di soldi».

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