(...) Di fatto, la pregiata elezione sè trasformata in una bieca conta di partito tutta giocata su altre partite. Il risultato è un rompicapo: 21 voti a Burlando e 22 a Costa su 26 consiglieri di centrosinistra. Otto voti a Luigi Morgillo il capogruppo di Forza Italia e uno al capogruppo della Lega Nord Francesco Bruzzone su 10 consiglieri del centrodestra. Più due schede nulle e due schede bianche. Significa che allappello del centrosinistra mancano cinque, forse sei voti. E che allappello del centrodestra ne manca uno, forse due. Il tutto in un clima di sospetti incrociati, con il voto segreto succosa occasione per lanciare messaggi neppure troppo trasversali.
Già era iniziata male. In maggioranza, Mino Ronzitti il presidente del consiglio regionale aveva posto, inascoltato, il veto su Costa: «Non si possono assentare sia il presidente sia il suo vice». La minoranza si è scornata fino allultimo, tanto da dover chiedere a Ronzitti di rinviare di mezzora linizio della seduta. Sul tavolo cera la candidatura di Franco Orsi, azzurro e vicepresidente del consiglio. Ma An si è messa di traverso: «Tocca a noi», Sandro Biasotti e Gianni Macchiavello della sua lista in aula non si sono nemmeno presentati, uno in vacanza laltro a Lourdes, tutti contro tutti e allora Orsi sè fatto da parte: «Se la scelta non è una istituzionale ma politica, allora questa è una battaglia che deve combattere il mio capogruppo, io a Roma con otto voti non ci vado».
Ci andrà Morgillo, invece, con il dubbio di chi abbia tradito: i sospetti si addensano su Fabio Broglia dellUdc, cè chi dice sia suo il voto in più a Costa, ma anche su Nicola Abbundo, che da Forza Italia è trasmigrato nel gruppo Misto e che potrebbe aver annullato la scheda. Sarebbe invece dello stesso Morgillo lunico voto a Bruzzone. È finita con Gianni Plinio il capogruppo di An a recriminare: «Siamo il secondo partito della CdL e per lennesima volta siamo stati penalizzati». Ma è a sinistra che si è scatenata la caccia alle streghe. Subito il dito è stato puntato su Verdi, Comunisti italiani e Rifondazione, avevano tutti un motivo per «colpire». Loro però hanno negato indignati: «Abbiamo espresso il nostro dissenso per la penalizzazione dei partiti più piccoli, ma poi abbiamo votato lealmente». Il più scaltro è stato Rosario Monteleone. Per evitare sorprese, il capogruppo della Margherita ha imposto ai suoi di votare come Clemente Mastella suggerì in Senato per lelezione del presidente Franco Marini, con voti riconoscibili: «I miei hanno scritto tutti sulla scheda Burlando, Massimiliano Costa» gongolava. Anche Giovanni Battista Pittaluga di Gente della Liguria si è autodenunciato: «Ho scritto Massimiliano consigliere Costa», ma cè chi giura che lo stesso non abbia fatto il suo capogruppo Luigi Patrone, che avrebbe votato solo Burlando e non Costa, detrattore delle liste civiche.
E dun tratto a tutti è parso chiaro che la crisi è soprattutto interna ai Ds. Di recente cè stata non poca maretta sulla presidenza della Fiera di Genova, Burlando pensava a Gabriele Galateri di Genola, qualcuno, si dice il superassessore comunale Mario Margini, ha fatto la spia sul nome, «bruciandolo» per salvare la testa di Roberto Urbani lamministratore delegato che Burlando vorrebbe sostituire. Di più, ieri alle 13 i Ds si riunivano per studiare il gruppo unico dellUlivo con la Margherita. «Se lo fanno me ne vado» confidava Franco Bonello dellala più a sinistra, subito prima di negare di aver boicottato per questo Burlando, Ds lui pure.
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