«La burocrazia frena la nostra competitività»

Forse non tutti sanno che i tempi richiesti dalla burocrazia perché un nuovo farmaco approdi sul mercato ammontano a un quinto dell’intero processo di ricerca e sviluppo. A darcene notizia è una ricerca condotta dall’agenzia di consulenza Ambrosetti, presentata ieri nel corso del convegno organizzato dal Comitato nazionale della piccola industria di Farmindustria.
Obiettivo del simposio: il miglioramento del rapporto con la pubblica amministrazione, al fine che questo non intacchi la competitività delle Pmi che operano nel campo farmaceutico. Al giorno d’oggi snellire la burocrazia e semplificare le regole rappresentano infatti, secondo i partecipanti, la principale chiave di sviluppo delle aziende, piccole e medie, del settore. «È ora di provvedere a creare nell’amministrazione pubblica meccanismi e strutture appropriati ad accompagnare le imprese nella loro attività», ha sostenuto il presidente del comitato Pmi di Farmindustria Emilio Stefanelli senza celare, al riguardo, una certa preoccupazione. E per giungere alla svolta agognata ha presentato una ricetta suddivisa in tre punti: «Per prima cosa bisogna costituire degli uffici che siano dedicati esclusivamente alle Pmi del settore ed è assolutamente necessario che questi accettino che le eventuali tariffe per le autorizzazioni siano pagate solo dopo le concessioni di tali autorizzazioni e non nell’attesa, a volte vana, di riceverle». Al secondo punto, Stefanelli, pone la «limitazione delle autorizzazioni esplicite e la creazione di automatismi che favoriscano le agevolazioni per lo sviluppo della ricerca». Infine, il presidente del Comitato della piccola industria ha chiesto «tempi certi e congrui» per le richieste delle aziende, in modo da far sì che l’accesso al mercato dei prodotti avvenga più rapidamente.
«I tempi sono ormai maturi per un new deal della farmaceutica - ha aggiunto il direttore generale dell’Agenzia del farmaco Nello Martini -. Urge un nuovo patto che riesca a conciliare il governo della spesa e la ricerca e lo sviluppo, e che ponga il farmaco come bene salute ma anche come bene di mercato. Altrimenti si rischia di uscire fuori dalla competizione europea e internazionale». Martini ha tenuto poi a ricordare che l’Italia è al sesto posto nel mercato farmaceutico. E, al tempo stesso, ha sottolineato con rammarico il 25esimo posto occupato dal Paese sul versante ricerca e sviluppo.

«Bisogna perciò creare le condizioni per avviare una piattaforma condivisa di rilancio del settore, attraverso nuove regole certe e trasparenti - ha affermato -. Senza un cambiamento strutturale rischiamo di venire tagliata fuori»

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