Cultura e Spettacoli

Burro e cannoni, la forza del Reich

Una violenta polemica è sorta in Germania con la recente pubblicazione di un libro provocatorio, Hitlers Volksstaat (Lo stato popolare di Hitler) di Götz Aly, uno storico outsider, classe 1947, sessantottino doc, formatosi allo Otto-Suhr-Institut di Berlino, la culla dei politologi neomarxisti, oggi nel variopinto movimento degli Alternativi. Già autore di saggi “scottanti” sull’eutanasia nazista e sullo sterminio degli ebrei ungheresi, Aly sostiene ora che i tedeschi «comuni», i borghesi piccoli piccoli, erano contenti del loro Terzo Reich, che aveva risolto la crisi economica di profonda stagnazione produttiva aprendo i cantieri per il riarmo ma anche per le autostrade, per la costruzione della Volkswagen, per economici apparecchi radio con cui ascoltare gli infuocati discorsi di Hitler e di Goebbels e ore e ore di programmi d’intrattenimento, di musica classica e leggera. E mentre Goebbels incitava i tedeschi in estasi a scegliere i cannoni invece del burro, i maghi dell’economia nazista incrementavano la produzione dell’acciaio e del burro, ossia dei beni di consumo. Insomma: svastica e Wurst, Luftwaffe e birra. Il regime curava ogni aspetto del benessere sociale con un’immensa pianificazione del dopolavoro (gite, crociere, treni popolari). E il fiore all’occhiello di Goebbels, l’onnipotente ministro alla Propaganda, era l’industria del cinema con il potenziamento dell’UFA (ente statale cinematografico) e degli studi di Bärbelsberg. Certo, il benessere dei tedeschi veniva sostenuto con lo sfruttamento dei lavoratori stranieri, dei prigionieri di guerra nonché con la rapina delle economie dei Paesi occupati e degli ebrei. Ma quasi fino al termine del conflitto ci fu una passabile condizione di vita. La tesi di Aly, attaccata dagli storici ufficiali, riapre il celebre dibattito sul revisionismo del 1986, inaugurato da Ernst Nolte, inserendosi in una linea storiografica “minoritaria”, finora avallata dagli storici “revisionisti”, mentre Aly è dello schieramento opposto. Il suo saggio conferma il discusso studio del 1996 di D.J. Goldhagen: I volenterosi carnefici di Hitler (Mondadori) secondo cui il «tedesco comune» non era un inerme esecutore delle direttive del regime, ma un convinto sostenitore e un comodo profittatore, spesso irresponsabile e senza scrupoli, del Nuovo Ordine Europeo di Hitler. Negli anni scorsi si erano pubblicati studi in cui si profilava la convinzione che il consenso dei tedeschi era costruito non solo su una fanatica ideologia, ma anche su un astuto interventismo statale in difesa dei consumi, come pure su una studiata «distrazione» del regime per cui nelle balere tedesche si poteva ascoltare la «negroide» musica jazz e bere Coca Cola. E mentre Churchill prometteva agli inglesi «lacrime e sangue», Goebbels intuiva che poteva ottenere il consenso solo a prezzo di mantenere alti i consumi dei generi alimentari e voluttuari anche a scapito della produzione bellica.

E questo spiega l’incredibile eroismo mostrato dal popolo tedesco, la cui «sovrumana» resistenza si fondava anche su un livello di vita relativamente accettabile, fondato sull’inesorabile oppressione dei popoli «inferiori».

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