Bush: «Abbiamo iniziato a ridurre le truppe in Irak»

Paul Bremer, ex governatore Usa a Bagdad, pubblica un libro pieno di accuse alle forze della coalizione. Critiche anche agli italiani per la battaglia di Nassirya

Fausto Biloslavo

Mentre il presidente George W. Bush ha annunciato che la riduzione delle truppe Usa in Irak è già iniziata, l’ex governatore americano a Bagdad, Paul Bremer, se la prende con gli alleati della coalizione. A cominciare dagli italiani che, durante la battaglia di Nassirya, hanno impiegato sette ore per percorrere poche miglia. Poi gli spagnoli, che erano rimasti fermi a guardare mentre gli americani combattevano a Najaf. E infine il presidente siriano Bashar al Assad che tentò di scatenare la guerra santa in Irak. Le accuse di Bremer sono contenute nel suo libro Il mio anno in Irak, appena uscito in libreria e scritto a quattro mani con lo storico militare Malcolm McConnel. Bremer accusa anche il segretario della Difesa Usa, Donald Rumsfeld, di non avere inviato più truppe quando lui le richiese, nel maggio 2004, alla vigilia del cruciale passaggio di consegne dei poteri agli iracheni.
Per descrivere le difficoltà relative alla sicurezza Bremer prese spunto da un episodio relativo al contingente italiano. «Venerdì notte (il 14 maggio 2004 ndr) il nostro ufficio di Nassirya è stato quasi sopraffatto perché la Forza di intervento rapido dell'Italia ha impiegato sette ore per fare un percorso di poche miglia. Siamo stati costretti ad abbassare la bandiera». Il quartier generale della Autorità provvisoria della coalizione nella città, aggiunge l’ex governatore, fu praticamente chiuso, dopo quell’episodio. Bremer, che non è esente da clamorosi errori come lo scioglimento dell’esercito e della polizia iracheni, non spiega perché gli italiani ci misero sette ore per raggiungere il cosiddetto Fort Apache, dove era barricata Barbara Contini, rappresentante della coalizione nella provincia di Dhi Qar. Il generale Gian Marco Chiarini aveva preferito non attraversare la città, in mano ai miliziani sciiti dell’esercito del Madhi. «Il comandante ha deciso di presidiare la base Libeccio, all’ingresso del primo ponte sotto tiro dei miliziani e aggirare la città a nord est per raggiungere l’edificio dell’Autorità provvisoria. Non volevamo fare tabula rasa di Nassirya», racconta un reduce di quella battaglia. I reparti romeni assegnati al nostro contingente si mossero da Shuq as Shuyuk, almeno venti chilometri a sud e la manovra di aggiramento comportò diverse ore.
Bremer è ancora più ruvido con gli spagnoli, che nel suo libro accusa di non essere intervenuti, mentre gli americani combattevano a Najaf contro gli estremisti sciiti di Moqtada al Sadr, il piccolo Khomeini iracheno. «Se ne stanno seduti sui carri armati senza fare nulla ­ scrive Bremer ­ è una vergogna». Prendendo spunto da questo episodio, l’ex proconsole definisce «la coalizione dei fannulloni» l’alleanza di paesi che hanno dispiegato truppe in Irak.
Un altro capitolo scottante riguarda il presidente siriano. Secondo Bremer, Assad voleva scatenare la guerra santa in Irak aizzando gli sciiti contro gli americani, già impegnati sul fronte sunnita. La fonte di Bremer era Mowffak al Rubaie, un esponente politico sciita di spicco, che avrebbe saputo delle pretese siriane dal grande ayatollah Alì Al Sistani, guida spirituale del Paese.
Intanto, il presidente degli Usa ha annunciato che la riduzione delle forze americane in Irak è stata avviata.

«Abbiamo cominciato a ridurre la nostra presenza - ha detto confermando il calo da 17 a 15 brigate -. Ci saranno altre riduzioni quest’anno? Non sono in grado di dirlo. Farò quello che i comandanti sul campo mi diranno di fare».

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