Adalberto Signore
nostro inviato a Washington
«Allora Silvio, ce la fai o no a vincere queste elezioni?». Sono da poco passate le otto di mattina quando Berlusconi entra nello Studio Ovale della Casa Bianca per la colazione di lavoro con George W. Bush. I soliti convenevoli, i saluti sempre più affettuosi, poi il presidente degli Stati Uniti la butta lì con un sorriso ma senza nascondere un pizzico di preoccupazione. E la riposta del premier è fulminante: «Ce la faccio, stiamo recuperando e sono sicuro di vincere». Poche parole, che danno il senso di un incontro che verte sui consueti temi internazionali ma che non può trascurare lappuntamento del 9 aprile. Quando Berlusconi si giocherà tutto, ma la Casa Bianca non sarà solo uno spettatore disinteressato. Non solo perché dopo il cambio della guardia in Spagna lasse con lItalia ha assunto un ruolo sempre più centrale nella politica estera americana, ma pure perché tra il premier e Bush si è ormai cementato un rapporto che va al di là dellintesa politica. «Sono fiducioso dice nelle prime battute il presidente americano perché il tuo avversario lo conosco e so che lo puoi battere».
E limmagine che i due lasciano ai cronisti che assistono al breve briefing con la stampa nello Studio Ovale è quella di unintesa forse senza precedenti, fatta sì di dichiarazioni ufficiali ma pure di una complicità che non passa inosservata. E che va ben oltre il rigido protocollo dettato dalle diplomazie. Al punto che anche il cielo plumbeo di Washington e i colori sbiaditi e rilassanti che avvolgono la Casa Bianca devono fare i conti con la fragorosa risata con cui Bush raccoglie la domanda dei cronisti su Romano Prodi e le imminenti elezioni italiane. Berlusconi ammicca e il suo sguardo è eloquente. Come a dire: «Hai visto? Te l'avevo detto che sarebbero andati a parare lì...». Bush ricambia e giù una risata che è una via di mezzo tra un ghigno di complicità e una smorfia di preoccupazione.
Già, perché la sfida elettorale non poteva non essere uno dei temi sul tavolo. Con Berlusconi che racconta delle divisioni interne del centrosinistra sulla politica estera e il presidente Usa che non nasconde la sua preoccupazione nel caso di un cambio della guardia a Palazzo Chigi. Quella di Bush è una vera e propria escalation. Che inizia sin dalle prime battute con un apprezzamento «alla solidità che il nostro amico ha portato nel governo italiano», passa per una mascherata reticenza sulle sorti delle elezioni italiane e si conclude con un abbraccio tanto figurato quanto caloroso al premier italiano.
E pensare che Berlusconi gli aveva anche dato la possibilità di una facile via di fuga, allungandogli la mano sinistra sul braccio e dicendogli con un sorriso: «Puoi anche rispondere no comment». Invece no. Bush non si tira indietro. «C'è un'elezione, vero?», ironizza quando gli chiedono se i rapporti con l'Italia possano cambiare in caso di un successo dell'Unione. Poi fa finta di svicolare: «Questa è una domanda sulla politica pura. Ma il mio rapporto con questo signore non è politico, è strategico. Ed è importante sia per i nostri popoli sia per gettare le basi per la pace». Pausa di qualche secondo e Bush che chiosa «Ok?» come a dire «Vi basta?». L'affondo arriverà qualche minuto dopo. Si parla di «stabilità» e l'inquilino della Casa Bianca prima ribadisce che i rapporti con Berlusconi sono ottimi («ho scoperto che Silvio è un uomo che rispetta la parola, a volte non andiamo d'accordo ma perlomeno so come la pensa») e poi va dritto al punto. «La stabilità - dice facendo suo un leit motiv caro al Cavaliere - è importante perché quando i governi cambiano uno dopo l'altro ogni anno, uno come me deve fare lo sforzo di conoscere sempre quelli nuovi che arrivano. È molto più facile stabilire delle politiche in comune quando si ha a che fare con la stessa persona». Tolte le accortezze imposte dal cerimoniale, la traduzione è una soltanto: pieno sostegno di Bush a Berlusconi nella sfida elettorale. Non è un caso che il presidente americano faccia precedere il suo ragionamento da un breve ma eloquente incipit: «C'è anche un motivo pratico...». Un motivo - è il sottinteso - del perché faccio il tifo per «una persona positiva e ottimista» come Berlusconi.
Si parla dell'Irak, del ruolo della Nato in Afghanistan, della guerra al terrorismo, della situazione in Iran. «Il popolo iracheno e i suoi leader - spiega Bush - devono fare una scelta. Una scelta tra caos e unità, tra una società libera e una società in cui comandano gli assassini di innocenti». E aggiunge di aver parlato con sette leader iracheni che «mi hanno assicurato di capire la gravità del momento» e di aver fatto «la scelta di lavorare per un governo di unità nazionale».
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