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Bush, missione nel Golfo Lacrime per l'olocausto

Il presidente degli Stati Uniti è in Kuwait, prima delle quattro tappe nei paesi del Golfo persico. Stamani, prima di lasciare Israele, ha voluto rendere omaggio alle vittime della Shoah a Gerusalemme 

Bush, missione nel Golfo 
Lacrime per l'olocausto

Kuwait City - Il presidente degli Stati Uniti George W. Bush, è arrivato in Kuwait, prima tappa di un viaggio che lo porterà in quattro Paesi arabi del Golfo. L’intento principale della missione è di convincere gli arabi alla strategia internazionale per isolare l’Iran.

Lacrime al museo dell'olocausto La visita al museo dell’olocausto Yad Vashem a Gerusalemme, è stata contrassegnata da una forte commozione per Bush che si è raccolto davanti al memoriale della Shoah con le lacrime agli occhi. Accompagnato dal presidente israeliano Shimon Peres, dal primo ministro Ehud Olmert, dal presidente di Yad Vashem Tommy Lapid e dalle due responsabili degli esteri Condoleezza Rice e Tzipi Livni, Bush, in testa una kippah, ha ascoltato commosso una poesia scritta da Hanna Senech, paracadutata in Ungheria nel 1944 e fucilata dai nazisti: "Dio mio, dio mio, che questa canzone non finisca mai....".

Bush, con il capo chino e gli occhi pieni di lacrime ha deposto una corona presso la fiamma eterna di Yad Vashem e ha commentato: "Spero che se molti nel mondo verranno in questo luogo, sarà da ammonimento che il male esiste e che se il male viene individuato, bisogna resistergli. Di fronte ai tremendi crimini contro l’umanità - ha continuato - gli animi coraggiosi, giovani e vecchi, devo restare saldi davanti a ciò in cui credono". Bush lascerà oggi Israele per continuare la sua visita in Medio Oriente e recarsi in vari paesi del Golfo.

Le proposte di Bush per la pace È stata accolta con soddisfazione in Israele e con più cautela tra i palestinesi la "visione" espressa ieri da Bush sul futuro dello Stato ebraico e dei Territori occupati. Abbandonando la prudenza mostrata in passato, il presidente Usa ha esortato le parti a lavorare con intensità per raggiungere un accordo di pace definitivo entro il 2008, ha chiesto entro quella data - per la fine del suo mandato - la fine dell’occupazione israeliana e la nascita di uno Stato palestinese e affermato che la soluzione per i profughi palestinesi verrà trovata con la creazione dello Stato di Palestina. Non ha avanzato proposte precise invece per lo status futuro di Gerusalemme.

Restano le difficoltà Molte delle proposte del leader Usa, però, appaiono difficilmente applicabili nel giro di un anno. Un funzionario governativo israeliano, ieri sera, ha parlato di "passo avanti negli sforzi per raggiungere la pace" e di proposte "in linea con quanto ci siamo detti con gli americani". Poco dopo, durante il ricevimento in onore del presidente Usa, il premier Olmert e il suo vice Haim Ramon non hanno mancato di ostentare la loro soddisfazione. Ad esprimere riserve è stato solo il ministro dell’industria Eli Yishai, del partito religioso Shas, che ha sottolineato che Israele "non può raggiungere la pace solo con una metà della popolazione palestinese", in riferimento alla divisione netta che oggi vede la Cisgiordania controllata dal presidente dell’Anp Abu Mazen e la Striscia di Gaza nelle mani del movimento islamico Hamas.

Perplessità analoghe sono state manifestate anche dal leader dell’opposizione Benyamin Netanyahu (Likud) che, incontrando ieri Bush, ha affermato che Abu Mazen è un partner di pace "virtuale" perché, a suo dire, troppo debole nei confronti di Hamas.

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