Racket dei biglietti, scommesse mafiose e tribune corrotte: i mali incurabili che uccidono il calcio italiano

Il business in curva e le truffe anche nelle partite della Primavera

Racket dei biglietti, scommesse mafiose e tribune corrotte: i mali incurabili che uccidono il calcio italiano

Ma è un calcio malaaaato, diceva la Gialappas a fine anni Novanta. Sì, lo sport più amato dagli italiani rischia di morire. Di scommesse persino sulle partite dei ragazzi, di arbitri e giocatori che truccano le partite con espulsioni mirate e rigori fasulli, muore per i boss al carcere duro che impongono i figli, per le società che si fanno "comprare" per far giocare calciatori scarsi, muore per le mafie che alla faccia dei Daspo e dei divieti sfruttano le curve e le società per riciclare denaro, lucrare su merchandising, bagarinaggio e parcheggi, dalla Campania fino a San Siro, e sono in grado di "piegare" gli eventi sportivi a fini criminali, incassando consensi e governando il territorio.

CANCRO SCOMMESSE

Nei giorni scorsi un'inchiesta della Procura di Reggio Calabria ha svelato un presunto sodalizio con al centro un arbitro (già radiato per due anni). L'inchiesta è nata l'anno scorso dopo una segnalazione delle Dogane su un flusso anomalo di scommesse nei campionati Primavera partite da un'agenzia del Fiorentino. La frode sportiva sarebbe "promossa e diretta nelle categorie Primavera, Primavera 2 e Serie C", gli arbitri coinvolti avrebbero preso anche 10mila euro a partita, con risultati a volte tragicomici e rocamboleschi, tra rigori ed espulsioni sconcertanti.

In un Paese con 18 milioni di persone che giocano 157 miliardi nel 2024, le scommesse sono un lucroso cancro che lusinga azionisti e calciatori. Lo abbiamo con l'ultima Scommessopoli finita in un bluff, ma anche le mafie. "Da quando il Covid ha travolto anche lo sport, molti boss hanno provato a comprare società di calcio distrutte dai debiti e dalla mancanza di liquidità", era stata qualche anno fa la denuncia inascoltata dell'allora consigliere di Stato Franco Frattini. Di Calcio criminale si parla da anni, come hanno ricostruito Pierpaolo Romani per Rubettino e il giornalista Antonio Scuglia e il vicequestore Daniela Giuffrè (Calcio truccato - il vero business, Minerva).

Le Iene hanno pizzicato l'ex calciatore del Napoli Salvatore Bagni ammette: "Ho un'agenzia, se il giocatore lo scelgo io ci investo, altrimenti è lui che deve darmi 30mila euro e lo sistemo, pagando il direttore sportivo", le società in bolletta arrotondano grazie a imprenditori spregiudicati e estorsioni mascherate da sponsorizzazioni. "Un segreto di Pulcinella", ci dice un ex ds che ha girato l'Italia. "Anche per allenare mi hanno chiesto 50mila euro" aveva detto l'ex portiere di Messina, Genova e Venezia Salvatore Soviero, prima di lui ci è passato l'attuale ct dell'Ungheria Marco Rossi.

GENITORI IN CARRIERA

Ci sono genitori che passano dalla tribuna alla panchina "in categorie importanti come la Promozione e l'Eccellenza", racconta un altro ex giocatore. Basta portare un po' di soldi, quelli vanno e tornano: chi fa una donazione al club per scaricare l'Iva ne riceve sottobanco una bella fetta, con quel che resta si pagano in nero i collaboratori. "Se la società paga gli stipendi regolarmente, non c'è il rischio che i giocatori scommettano contro la società", rivela un dirigente di una squadra Primavera lombarda.

La giustizia si muove a ritmi da Var. Ci sono tre squadre gloriose da Album Panini "sciolte" per mafia. A Foggia, dove lo Stato è in vacanza, la mafia locale si è presa la città e lo stadio. Sei mesi fa le indagini hanno portato, per la prima volta, ad adottare nel calcio il controllo giudiziario previsto dall'articolo 34 del Codice antimafia per il Calcio Foggia 1920, ceduta sottocosto a causa di pesanti minacce, dicono i pm antimafia di Bari e il questore di Foggia. Ieri sera al Pino Zaccheria c'era anche il (foggiano) procuratore nazionale Antimafia Giovanni Melillo e mezza procura di Bari a guardare la partita con il Benevento. Nel giro di pochi mesi Anche Crotone e Juve Stabia sono in amministrazione giudiziaria.

"Condizionare le società di calcio è un meccanismo allettante perché consente di espandere la propria influenza e acquisire consenso sociale", dice Melillo che promette: "Non ci fermeremo qui". "La Juve Stabia sarebbe stata fortemente condizionata dalle consorterie criminali di stampo camorristico egemoni a Castellammare di Stabia e nei paesi limitrofi, in primis dal clan D'Alessandro e dal clan Gionta di Torre Annunziata", scrivono gli inquirenti. Parliamo di una compagine di serie B che l'anno scorso ha disputato i play-off per la promozione in A, perdendo in semifinale, con i boss infiltrati nella gestione dei biglietti (ceduti gratuitamente a pregiudicati e uomini del clan), del trasporto della squadra, della sicurezza e della pulizia dello stadio, (affidata alla figlia di un boss), persino le bevande, vendute da pregiudicati legati alla camorra in una ditta intestata a soggetti incensurati.

Stessa modalità per l'Fc Crotone, un passato nella massima serie non troppo remoto, soggetta "direttamente o indirettamente a intimidazioni e assoggettamento a opera di esponenti di ramificate cosche di ndrangheta come la famiglia Vrenna-Corigliano-Bonaventura e la cosca Megna di Papanice". Lo aveva detto il pentito Luigi Bonaventura, da ragazzo nella security dello stadio crotonese Ezio Scida, puntanto il dito sugli ex dirigenti Gianni e Raffaele Vrenna, nipoti di un vecchio esponente dell'omonima cosca. Al Sud il controllo delle società è stato a lungo sottovalutato in cambio di un ritorno in termini di ordine pubblico. L'anno scorso in Calabria hanno arrestato l'ex sindaco di San Luca per la presunta concessione fraudolenta alla società di calcio Asd San Luca 1916 (che allora militava tra serie D ed Eccellenza) dello stadio Corrado Alvaro, inaugurato da una partita tra politici e pm - tra cui Luca Palamara e Matteo Renzi - e ormai in rovina. Ma la potente 'ndrangheta ha allungato i tentacoli anche "su società di calcio nell'Italia settentrionale, alcune dal nome una volta glorioso", ammette un inquirente.

IL BUSINESS IN CURVA

Se le tifoserie sono lo specchio della società, neanche Milan e Inter non devono sentirsi tranquille. L'omicidio del capo ultrà della Lazio in una vicenda di droga, gli affari della curva bianconera, le inchieste che hanno decapitato le curve milanesi con il processo Doppia Curva non hanno affatto scongiurato il rischio di infiltrazioni. Ora che il calcio è diventato un business all'americana, anche entrare in curva diventerà più costoso.

"L'atteggiamento ostile che non tollera i giornalisti in curva - dice il massmediologo Klaus Davi che va spesso allo stadio - dimostra insofferenza alla trasparenza. La curva o fa un salto culturale o finisce". E con lei il calcio che conosciamo.

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