«Buttavamo le bombolette di gas: le ricomprava»

«Imbeveva la maglietta di butano fino a gelarla, poi la respirava. Raccontava che così aveva allucinazioni»

«Buttavamo le bombolette di gas: le ricomprava»

Roberto Bonizzi

«È quello schifo che ha fregato Brano». Sono sconvolti gli amici di piazza Leonardo da Vinci. Sono tutti alle «tre panchine», come chiamano il loro posto di ritrovo sotto gli alberi del giardino davanti al Politecnico. Scendono dalle biciclette, qualcuno arriva a piedi. Asciugano le assi di legno verde con la mano e si siedono in silenzio. La testa abbassata sotto le visiere dei cappellini da baseball colorati. Sembrano ventenni sotto le magliette e i jeans dal cavallo basso. Ma hanno solo 14 anni. «Qui nessuno lo chiamava con il suo nome, solo Brano, è la sua tag». La sigla che i writer lasciano su muri, cestini, monumenti. «Quella su quel palazzo all’angolo laggiù l’ha fatta lui. Era un ragazzo allegro, tranquillo, socievole. Fino a un mese fa era un tipo a posto. Una canna ogni tanto, in compagnia, ma niente schifezze. Poi al mare, in campeggio, in Romagna, ha conosciuto dei ragazzi di Torino che gli hanno fatto provare quello schifo».
Bombolette di gas butano per ricaricare gli accendini in vendita nelle tabaccherie e nei supermercati. Dopo le vacanze Brano ne aveva sempre una in tasca. Droga a basso prezzo che inalata dà euforia. Sballo temporaneo. È lo sniffing, pratica diffusa negli Usa, in Gran Bretagna e nell’America Latina. «L’altro giorno se l’è "sparata" anche qui davanti a noi - dice un amico -. Faceva un tampone con la maglietta, una di quelle hawaiiane che portava sempre. La imbeveva di gas fino a quando non diventava gelata, poi la respirava. Diceva che era più forte del popper, che dava allucinazioni». Loro con quello schifo non vogliono avere niente a che fare. «Gliel’abbiamo spiegato che è tossico, ma lui ha risposto: "Guarda qua, c’è scritto gas naturale, non fa male". Abbiamo anche provato a buttare via le bombolette, ma le ricomprava».
È andata così anche lunedì pomeriggio. Brano è uscito di casa, un palazzo signorile in piazzale Gorini, zona Città studi, dove abita con i genitori, il padre odontoiatra, la madre impiegata in un’azienda privata. In sella alla bicicletta arriva in largo Murani, distante qualche centinaia di metri. La piazza, divisa in due dallo scavo per un parcheggio sotterraneo, offre poco spazio. Qualche panchina su un’aiuola dove i pensionati prendono il fresco, portano a spasso il cane oppure controllano i nipoti alle prese con le prime pedalate. Si siede su una panchina e, poco dopo, una donna lo vede delirare. Immediatamente la titolare della gelateria Mirtilla chiama il 118. I soccorritori trovano il ragazzo svenuto, tentano di rianimarlo e lo portano alla clinica Santa Rita. Qui gli esami tossicologici evidenziano nel sangue un alto tasso di Thc (il principio attivo della cannabis). Nelle tasche due bombolette di butano, «non del tutto piene» spiegano i poliziotti.
Dopo il ricovero Daniele viene trasferito a Niguarda, ma non c’è nulla da fare: muore alle 2,47 di martedì mattina. A 14 anni, tre settimane prima del suo compleanno (il 30 settembre). E nessuno si sa spiegare il perché. «Non avremmo mai immaginato - hanno ripetuto i genitori agli agenti -. Al massimo pensavamo a qualche sigaretta fumata di nascosto». Sarà l’autopsia, disposta dal pm Carlo Nocerino, a stabilire le cause del decesso.
Gli amici stanno pensando di dedicargli un graffito su un muro dei giardini di via Bazzini, un altro posto di ritrovo. «In memoria di Brano», il disegno è già pronto. «Dovevamo vederci proprio lunedì pomeriggio - racconta un altro dei writer -. L’ho chiamato dopo le 15.30 per dirgli che ero in ritardo, ma mi ha risposto un’infermiera dicendomi che era ricoverato. Non ci posso credere, siamo cresciuti insieme, andavamo agli scout fino a pochi anni fa, nel Milano 99, al San Carlo. Bisogna avvertire la sua ragazza, abita a Roma». Adolescenza come tante. Gli scout, le ragazze, lo sport. «Alle medie giocavamo a rugby. Proprio qui dietro - racconta un altro - allo stadio Giuriati, nello Union Milano». C’è anche un compagno di scuola di Daniele.

«Eravamo iscritti al Maxwell di Cimiano, liceo scientifico tecnologico. Ci hanno bocciato l’anno scorso, ma ci eravamo iscritti di nuovo in prima. Mi aveva appena promesso che questa volta voleva impegnarsi». E invece Brano si è fatto fregare da quello schifo.

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