La Butterfly dei ventagli

La Butterfly dei ventagli

Venerdì sera, al Priamar di Savona, abbiamo visto una grande Butterfly.
«Visto», perché ci teniamo, in primis, a sottolineare la regia e le scene di Stefano Monti, essenziali ma di grande effetto e suggestione. Originale l'idea degli enormi ventagli come unico «arredo» sul palcoscenico, dalla forte connotazione simbolica e perfetti come tela per le pennellate di luce: bianchi di candore, rossi di sangue, a tratti trasparenti per far semplicemente intuire.
Monti ha fatto tutto con la luce, ora tenue, ora intensa a sottolineare i momenti drammatici più forti, ma sempre in piena sintonia con lo spartito; effetti che non disturbano e che soprattutto non distraggono dalla musica, che rimane la vera protagonista. E in Puccini, maestro delle emozioni, questo è essenziale più d'ogni altra cosa.
Bella anche l'idea del sipario trasparente che mostra la silhouette dei personaggi in entrata, in uscita, o ancora la «danza» composta tipica del teatro del no giapponese.
Sul piano musicale, meriti a Giampaolo Bisanti: ha gestito con precisione e partecipazione l'orchestra, che, si sa, all'aperto trova spesso difficoltà, con problemi di dispersione del suono e di conseguenza con occasionali sfasamenti tra le sezioni.
Nel cast, senza dubbio migliori le voci femminili sotto il profilo tecnico e musicale, ma tutte ottime dal punto di vista dell'interpretazione.

Molto brava Suzuki (Daniela Innamorati), una voce intensa e salda, bene anche Butterfly (Grazia Lee), che seppur non sempre impeccabile, ha cantato con fine musicalità e intensa partecipazione, reggendo in maniera apprezzabile tutto il «suo» secondo atto. Una nota di merito a Goro (Gianluca Bocchino), che ha restituito un ottimo personaggio. Più discontinui Pinkerton (Stefano La Colla) e Sharpless (Carlos Bergasa).

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