Anche se lentamente, alcuni tasselli stanno tornando al loro posto naturale. La fuga in avanti che la magistratura ha voluto innescare con l’inchiesta di Trani (le telefonate tra Berlusconi, Minzolini e il commissario dell’Agcom, Carlo Innocenzi) è già arrivata al capolinea. È talmente evidente che modalità e impianto accusatorio non reggevano che persino il Csm ha dovuto innescare una clamorosa retromarcia. Il soviet dei giudici ha infatti annullato l’inchiesta sugli ispettori mandati da Alfano per mettere un po’ d’ordine in una procura che sembra finita fuori controllo. Ammettendo così che non solo il ministro non ha commesso nessun abuso, ma che alle toghe conviene non andare oltre nell’accertare la verità dei fatti. E come era ovvio, è stato anche deciso che il fascicolo con le intercettazioni di Berlusconi viene tolto ai pm di Trani e consegnato al tribunale dei ministri di Roma, l’unico che ha competenza a valutare le carte in questione. In Puglia, probabilmente, resterà solo l’inchiesta sul direttore del Tg1, Augusto Minzolini, colpevole di aver fatto una telefonata pochi minuti dopo essere stato interrogato come testimone dai pm.
Insomma, aveva ragione Alfano quando parlava di «gravissime patologie», l’inchiesta, dal punto di vista giudiziario, è una bolla di sapone che si sta sgonfiando giorno dopo giorno. A differenza di altre che riguardano esponenti di primo piano della sinistra. A Bari è stato infatti arrestato Sandro Frisullo, Pd, ex numero due della giunta regionale di Vendola. Qui non si tratta di parole in libertà, ma di fatti: associazione a delinquere e corruzione nell’ambito della sanità pugliese. Il senatore Pd, Nicola Latorre, dice che la tempistica è sospetta, a così pochi giorni dalle elezioni. Per la prima volta, da quelle parti, dubitare della magistratura non è un attentato alla Costituzione. Speriamo che da oggi il principio valga sempre e per tutti. Non sappiamo se Latorre ha ragione oppure no, ma una cosa è certa. C’è chi telefona e c’è chi ruba.
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