Cécile de France cerca la consacrazione sulla Croisette

Cannes Infanzie perdute, padri assenti, madri maldestre: il cinema di Jean-Pierre e Luc Dardenne non si allontana mai di molto da questi temi. Siamo tutti figli e figlie di qualcuno, sembrano dirci e se la società porta ormai all’atomismo delle individualità, si fa sempre più pressante il problema dei legami, del rapporto fra esseri umani.
Le gamin au vélo, il loro ultimo film presentato ieri in concorso a Cannes, non è che l’ennesima variazione sul tema. Il dodicenne Cyril si ritrova da un giorno all'altro in una «casa-famiglia» per adolescenti: ce l’ha lasciato il padre, che ha anche cambiato indirizzo e non si fa più sentire. Cyril non si rassegna e l’incontro con Samantha, una giovane parrucchiera che accetta di ospitarlo nei fine settimana, non è per lui che un modo per fuggire dalla regole della struttura che l’ospita e la possibilità di mettersi ancora alla ricerca del padre perduto. È in collera Cyril, odia il mondo, ama solo il padre...
Le gamin au vélo è un film scabro, un po’ la cifra registica dei Dardenne, senza facili patetismi e psicologie un tanto al chilo. La presenza di Cécile de France (Samantha) lo colora di una luce dorata, un miscuglio di forza e insieme di dolore. Dopo Hereafter di Clint Eastwoood, Cécile è una star internazionale, ma la cosa non la turba più di tanto. «L’essere stata scelta dai fratelli Dardenne è un onore e mi sono messa a loro disposizione, così come Samantha si mette a disposizione di Cyril. Lei è qualcosa di solido su cui appoggiarsi, qualcosa che gli serve per ripartire. Cyril è un fascio di nervi da sciogliere a poco a poco. Non sono la madre, né una che ha bisogno di un figlio per riempire il vuoto della vita.

Sono una ragazza semplice, un po’ rock nel suo essere stata una fan di Johnny Holliday, fiera della sua indipendenza. Ed è questo che alla fine conquista il ragazzo». I Dardenne hanno già vinto a Cannes nel 1999 (Rosetta) e nel 2005 (L’enfant). È vero che non c’è due senza tre, ma senza fretta...

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