Politica

«C’è un intreccio grande impresa-sinistra»

Il presidente del Consiglio all’attacco della «Santa alleanza conservatrice». Sull’intervento di Vicenza: non era duro, lo rifarei

Fabrizio de Feo

da Roma

Nessun passo indietro, nessuna frenata, nessun tentativo di stemperare o ammorbidire le parole pronunciate nella clamorosa sortita confindustriale vicentina. Silvio Berlusconi si concede due giorni di riposo per curare gli ultimi strascichi della lombosciatalgia che lo ha colpito nel fine settimana. Ma la tensione resta alta e il pensiero torna inevitabilmente all’intervento che ha rappresentato una vera e propria sterzata nella sua campagna elettorale e alle battute al vetriolo dettate nelle ultime ore da alcuni esponenti dello stato maggiore di Viale dell’Astronomia.
Il preludio arriva all’ora di pranzo con una nota firmata dal portavoce del presidente del Consiglio. «Le dichiarazioni ingiuriose di alcuni vertici di Confindustria confermano che Berlusconi ha visto giusto due volte: quei vertici, e solo loro, sono schierati apertamente con la sinistra. Ma la base degli imprenditori non ci sta» scrive Paolo Bonaiuti. Poi in serata è lo stesso Berlusconi, in una intervista a Odeon Telereporter, a prendere la parola per ribadire che non è sua intenzione arretrare o correggere la rotta, anche di un solo millimetro. «C’è - attacca il premier - un accordo fra le grandi imprese che si aspettano favori dalla sinistra e dai sindacati, usano le istituzioni degli imprenditori non per aiutare le imprese ma per i propri interessi, sono abituati a pubblicizzare le perdite e a privatizzare gli utili. Ci sono degli intrecci, io l’ho fatto notare, tra questi grandi gruppi e le grandi banche che poi controllano anche i giornali». Al premier viene chiesto se una presunta scarsa attenzione del governo per i problemi della Fiat possa aver influito sul riposizionamento politico di Confindustria. «Io non voglio essere malizioso però noi abbiamo gestito con correttezza i soldi degli italiani» ricorda il presidente del Consiglio. «La storia passata ci dice che questi soldi sono stati elargiti così e noi siamo molto critici su questo profittare dei soldi di tutti per interessi privati». «Io non ho trovato duro il mio intervento a Vicenza - osserva Berlusconi - e lo rifarei. E’ stato un intervento di verità. Forse l’eccezionalità del fatto è stato di rompere la gabbia in cui si cercava di contenermi, che va di moda oggi». Il premier ritorna sugli attimi più concitati del suo fuori programma: «Mi è stato chiesto dell’energia e poi sono stato richiamato al rispetto dei tempi assegnati ma era un argomento troppo importante, stavo spiegando cose molto importanti e sono stato interrotto due volte». Berlusconi confida di aver «parlato con il cuore in mano. Il declino - sottolinea - è una favola inventata da chi diffonde pessimismo per mestiere». Il premier accusa: «Gli esponenti dell’Unione dicono di voler fare forti interventi nell’economia e vogliono controllare la vita sociale di tutti cittadini. I 44 enti in più dimostrano la volontà di controllare tutto. Se vincono, i cittadini vivranno in una gabbia, in una selva di leggi e regolamenti e si vedranno aumentare le imposte, cosa che Prodi ammette quando dice che occorrerà che tutti facciano dei sacrifici. Vogliono mettere le mani sul patrimonio degli italiani, sulle case, sui passaggi delle aziende in vita. Si sappia che la sinistra fa gli interessi dei grandi gruppi che non vanno bene», conclude il presidente del Consiglio rinvigorito anche perché «il mal di schiena è passato del tutto: l’adrenalina fa miracoli».
Se mai ce ne fosse stato bisogno il segnale è chiaro: il guanto di sfida al salotto buono dell’imprenditoria italiana è ormai lanciato. Il tutto con un impeto che richiama alla memoria il ’94 e la sua prima discesa in campo, quando la disfida elettorale si trasformò inevitabilmente in una sorta di referendum pro o contro di lui. Ora il premier punta a recuperare quello spirito e a far esplodere le sue cartucce contro quello che considera il grande nemico occulto del Paese: l’accordo corporativo dei vertici di alcune banche e della Confindustria con Cgil, Ds e cooperative rosse. Un accordo di potere che passerebbe attraverso l’aumento della tassazione e l’ampliamento della sfera di influenza delle coop e che beneficerebbe pochi grandi gruppi, colpendo nel vivo i piccoli imprenditori, i lavoratori autonomi e i giovani. In pratica: tutte le realtà dinamiche e non protette della società italiana. Esaurita l’ «operazione verità», insomma, Berlusconi punterà ora ad accendere i riflettori sulla «Santa Alleanza conservatrice». In una parola: una aperta sfida ai «poteri forti», probabilmente corredata da un affondo contro la burocrazia europea.

Un bersaglio che potrebbe essere colpito dialetticamente già giovedì e venerdì nel corso del Consiglio Europeo di Bruxelles.

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