C’è un piano per far cadere il governo

Berlusconi preoccupato per il nuovo «accerchiamento» giudiziario: presto altri tre ministri potrebbero finire nel ciclone La minaccia di chi trama nell’ombra per abbattere il bipolarismo: Casini e Rutelli. Sospetti anche su Pisanu e Fini

C’è un piano per far cadere il governo

Roma - Pubblicamente Berlusconi preferisce non toccare l’argomento, se non con un comunicato stampa di Palazzo Chigi in cui esprime la sua solidarietà a Scajola. In privato, però, nelle decine d’incontri della giornata, non nasconde la sua «preoccupazione» per quello che non esita a definire «un accerchiamento». Ed è questa la ragione per cui il Cavaliere era inizialmente deciso a fare di tutto pur di difendere il ministro dello Sviluppo economico, perché le dimissioni - peraltro in assenza di un avviso di garanzia - costituiscono di fatto un precedente pericoloso. Una breccia su cui potrebbero puntare le prossime inchieste giudiziarie - il filone è sempre quello dei Grandi eventi - che a Palazzo Grazioli sono date per scontate, tanto che già girano i nomi dei quattro «fortunati» - due sono ministri - che a breve dovrebbero finire nell’occhio del ciclone.

È per questo che il premier ha retto fino a lunedì sera nonostante il timore che nella vicenda qualche leggerezza sia stata effettivamente commessa e molte perplessità su come Scajola ha gestito la sua difesa sui media. Perché il precedente rischia di accelerare ancora di più l’azione di «quella magistratura politicizzata» che «non riuscendo a colpire me» ora «punta a chi mi sta vicino». Berlusconi lo dice chiaro incontrando un gruppo di europarlamentari: «Stanno facendo di tutto per far cadere il governo». E il Cavaliere non ce l’ha solo con le procure, ma pure contro chi da tempo si sta organizzando sottotraccia per «abbattere il bipolarismo».

Nomi non ne fa, ma basta sfogliare Il Mattinale di ieri - una sorta di rassegna stampa ragionata preparata tutti i giorni a Palazzo Grazioli e destinata alla scrivania del premier - per farsi un’idea. «Da ieri Casini, Rutelli e altri compagni di strada che proverrebbero dai piani intermedi del Pdl hanno lanciato l’idea di un nuovo partito “dell’unità nazionale” da varare entro l’anno». E della «nuova compagine» potrebbero far parte «l’attuale numero uno di Montecitorio» (Fini) e «quell’ex ministro dell’Interno che oggi, grazie a Berlusconi, presiede l’Antimafia» (Pisanu). Tutti personaggi che «tramano nell’ombra» e portano avanti una «massiccia campagna per disgregare il Pdl».
Ed è proprio questa la sensazione di Berlusconi, il timore di una «manovra a tenaglia»: da una parte lo tsunami giudiziario che andrà avanti e che minaccia di avere una portata inferiore solo a Mani pulite, dall’altra le manovre di chi aspetta solo un passo falso del governo. Per questo su Scajola era intenzionato a non cedere e si è deciso solo dopo che i suoi legali continuavano a definire la situazione del ministro «complessa» e annunciavano altre indagini a suo carico.

E chissà se è un caso il fatto che proprio ieri, durante il direttivo del gruppo Pdl della Camera, il finiano Bocchino abbia pronunciato una frase sibillina: «Non si possono portare le fibrillazioni del partito dentro il gruppo parlamentare, altrimenti si rischia che cada il governo...». D’altra parte, già qualche giorno fa, appena consumata la vicenda delle sue dimissioni da vicepresidente vicario, Bocchino era stato chiaro: «Da ora in poi ci dovranno convincere voto su voto».

E un primo banco di prova è atteso già oggi pomeriggio quando la Camera sarà chiamata a votare la fiducia sul dl incentivi. Con Berlusconi che ancora non sembra aver del tutto accantonato l’ipotesi delle elezioni anticipate.

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