Fabrizio de Feo
da Roma
La tesi del «polverone» creato e alimentato ad arte è diffusa, soprattutto dentro Forza Italia. E il sospetto che la strategia perseguita dallUnione sia quella del «buttiamola in caciara» esiste e viene espresso in forme neppure troppo prudenti. «Tutte le volte che il Professore finisce nella bufera parte uninchiesta per distrarre lopinione pubblica» insinua lazzurra Isabella Bertolini. «Ogni volta si sente lodore di giustizia ad orologeria difensiva, di manovra diversiva vittimista. Quando è stato travolto dalloscuro scandalo Telecom-Rovati, è iniziata lindagine sulle intercettazioni. Ora che Prodi è in profondo coma politico e il suo governo è allo sbando, parte unaltra inchiesta, cavalcata a tempo di record dal suo portavoce e dallUnione, guarda caso proprio nel giorno successivo allo sciopero dei Tg». Osservazioni pesanti che vengono sposate e rilanciate in forma più prudente anche da altri esponenti del centrodestra, stupiti soprattutto da una circostanza: perché dei venti personaggi indagati lunico di cui sia stato reso noto il nome è proprio Romano Prodi?
Il ventilatore del sospetto, insomma, è stato acceso. E da una parte e dallaltra sono molti i parlamentari a regalare il loro personale contributo a una giornata di veleni e insinuazioni. Lunica certezza, nelle nebbie di uninchiesta ancora tutta da spiegare e svelare, è latteggiamento dellUnione che mette da parte la prudenza e cerca di uscire dallangolo alzando i toni e vestendo i panni della vittima.
Lobiettivo è evidente. Nel momento in cui i nervi sono scoperti e la maggioranza è al centro di una crisi di consenso generalizzato, il giorno dopo il clamoroso sfogo di Romano Prodi - «se volete sceglietevi un altro presidente» - infarcito di riferimenti indiretti ma velenosi ai suoi alleati, il centrosinistra cerca di uscire dal centro del mirino con un colpo secco, salendo su un cavallo lanciato in corsa e proveniente dalla Procura di Milano. Un po come se un naufrago con lacqua alla gola andasse a sbattere contro una scialuppa di salvataggio. Una scialuppa, in qualche modo evocata dallo stesso Prodi che dieci giorni fa, in unintervista al Paìs, aveva detto: «Cè stato un abuso gravissimo con ascolti illegali massicci. Anchio sono stato spiato e nessuno dice niente».
La teoria della «utile coincidenza», per dirla con lazzurro Gregorio Fontana, daltra parte ha un precedente recente e a tutti noto. È metà settembre quando scoppia il pasticcio dellintromissione di Palazzo Chigi, ad opera del consigliere economico di Prodi, Angelo Rovati, nella vita di un grande gruppo quotato come Telecom. La sequenza di reazioni, prima sdegnate e arroganti, poi mano a mano più dialoganti, del presidente del Consiglio è imbarazzante dal punto di vista comunicativo. Si sceglie di negare sempre, perfino levidenza. Nel frattempo Rovati rassegna le dimissioni, il fuoco di fila della grande stampa diventa sempre più insistito. Ma proprio quando il punto di rottura appare sempre più vicino ecco scattare un altro, salvifico elemento esterno: lo scandalo delle intercettazioni Telecom. Uninchiesta subito cavalcata con toni roventi da Prodi e dal suo staff, convinti che sia stata sgominata la più grave minaccia dinquinamento mai addensatasi sulla vita della Repubblica. Con una conseguenza: la distruzione allistante e per decreto governativo di tutti i file.
Certo qualcuno potrebbe ribattere che in alcune occasioni è stata anche la stessa opposizione a dare una mano al Professore e a regalargli un gratuito massaggio cardiaco.
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