Cronache

Caccia aperta all’Arsenio Lupin che va al ristorante e non paga

Molto esigente, sceglie solo locali di lusso Dopo la Liguria ora tocca alla Lombardia

Caccia aperta all’Arsenio Lupin che va al ristorante e non paga

Le prime, e più tante vittime, le ha mietute in Liguria. Oggi ha preso di mira la Lombardia. Sì perché l'Arsenio Lupin dei palati fini è sbarcato sotto la Madonnina. Nelle sue mire i diamanti dell'alta cucina: specialità firmate da chef pluridecorati e vini gran riserva. Il suo campo d'azione i ristoranti di lusso. Da cui esce regolarmente senza pagare.
L’incubo dei ristoratori, che ha colpito più di una trentina di locali, ha anche un identikit fornito da una delle sue ultime vittime, lo chef milanese Claudio Sadler, ancora indispettito dalla visita del truffatore-gourmet. Era il 24 marzo. Sull'agenda le numerose prenotazioni del venerdì sera. «Signor Luppi (il nome è di fantasia) per due». Il nuovo cliente arriva puntuale, alle 20.30. Signore distinto, sui 55, un metro e 80, brizzolato, occhi verdi e mascella volitiva. Lo accompagna una donna più giovane di dieci anni. Alta, mora, orlo della gonna accorciato con generosità, incedere gradevolmente appariscente. Dopo aver a lungo riflettuto sul menu, la coppia chiede di consultare lo chef. «Lui si è spacciato per psicologo. Mi ha fatto mille domande, da vero appassionato d'alta cucina», racconta Sadler. All'antipasto, la coppia di raffinati avventori ha fatto seguire una grandinata di complimenti: «Buono, ottimo, straordinario». Lusinghe addirittura eccessive, a ripensarcì, ricorda Sadler. «La degustazione è continuata, portata dopo portata, con lentezza esasperante. All'1.30, con il ristorante ormai deserto e un conto da 350 euro, i due hanno finalmente deciso di andarsene. E lì si è alzato il sipario sulla recita a soggetto. 'La mia carta di credito non funziona? Impossibile: ho fatto acquisti nel pomeriggio!', ha esclamato incredulo il signor Luppi-Lupin. Per dimostrare la sua buona fede, l'avventore ha lasciato numero di cellulare e carta d'identità (falsa) più i dati di un'azienda a cui fatturare. Sfinito da una serata di richieste impossibili in salsa di salamelecchi, lo chef ha ceduto.
Il truffatore dal palato fine se ne è andato con la promessa di tornare due giorni dopo per un'altra cena e saldare il debito. Alla vigilia del secondo appuntamento, però, lo psicologo buongustaio si è fatto vivo con un fax di scuse: «Sono costretto a disdire la prenotazione perché colpito da un grave lutto. Mia madre è morta». Per ora Sadler non ha sporto denuncia. Ma una soddisfazione se l'è tolta. Su un sito Internet dedicato al mondo dell'alta cucina ha raccontato la sua disavventura. «Anche da noi questo signore se ne è andato senza pagare», hanno risposto una trentina di colleghi.
«Al ristoratore, comunque, consiglio di andare fino in fondo. E di rivolgersi ai carabinierì, commenta Angela Alberti, dell'Adiconsum Lombardia. Presto le cene a sbafo al Lupin dei ristoranti potrebbero costare care.

Il codice penale parla chiaro: per truffa si rischiano dai sei mesi ai tre anni».

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