Il più vecchio ha ventanni, il più giovane sedici. Vivono tutti tra via Bramantino, via Jacopino da Tradate, piazza Prealpi. Considerano i giardinetti spelacchiati di via Ajraghi il cuore del loro territorio. Hanno quasi tutti i capelli a zero, ma non sono skinhead. Della politica non gli importa nulla. Odiano i diversi, gli intrusi, chiunque metta in discussione il loro dominio su questo pezzo malconcio di Milano. E soprattutto odiano i filippini. Picchiare i filippini è il loro passatempo preferito.
I filippini per un po hanno subìto, poi hanno alzato la testa e li hanno denunciati. I carabinieri del nucleo informativo hanno indagato per un anno. Ieri mattina scattano gli arresti: «Siamo davanti ad atti di violenza compiuti solo per motivi razziali ed etnici - dice il procuratore aggiunto Armando Spataro - fatti che non è tollerabile che accadano in una democrazia». I dodici minorenni, tutelati da un codice penale piuttosto indulgente, vengono indagati soltanto a piede libero. Quattro ragazzi di ventanni finiscono agli arresti domiciliari. Sfugge alla retata il vecchio del gruppo, lunico destinato a finire a San Vittore: è Giorgio Pignoli, cinquantanni, titolare della pizzeria di via Jacopino da Tradate da cui partivano le spedizioni punitive. Una delle vittime lo descrive così: «Uno sui cinquantanni, robusto. Era uno dei più agitati, mi diceva che siccome siamo filippini di merda dobbiamo tornare nel nostro paese... non sono riuscito nemmeno a rispondere che questo signore mi ha tirato un pugno sulla nuca, poi gli altri mi si sono lanciati addosso picchiandomi con catene, bastoni e caschi».
La caccia al filippino, nelle vie dietro piazza Prealpi, è durata mesi. Venivano picchiati senza distinzioni uomini, donne, ragazzi. Un odio nato tra le aiuole spelacchiate, i banchi di scuola, i marciapiedi, e dettato solo dal colore della pelle. «Tra gli aggressori ho riconosciuto un mio ex compagno di scuola che abita in via Bramantino - racconta unaltra vittima - mentre ci picchiavano ha detto al gruppo di aggressori chi ero e dove abitavo. Per questo sono riuscito ad entrare nella mia abitazione solo alle due di notte del giorno successivo perché sino a mezzanotte gli italiani sono rimasti lì, sotto casa, ad aspettarmi».
I venti della banda di piazza Prealpi sono risacca sociale, ragazzotti con poco passato e ancor meno progetti, quattro di loro nel frattempo sono finiti in manette per avere spacciato un po di hashish. La Procura ora accusa lintero branco di aggressioni, lesioni e porti darma, il tutto con laggravante di avere agito per motivi di odio razziale.
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