Caccia al «giordano» che ha fatto uccidere Vik

Li chiamano «funerali di Stato», anche se quello Stato non esiste. Eppure oggi Gaza darà così l’ultimo saluto a Vittorio Arrigoni, barbaramente ucciso nella Striscia dopo essere stato sequestrato da una cellula salafita. Nulla si sa ancora su quando la salma del ragazzo arriverà in Italia. La famiglia ha inviato un rappresentante legale al Cairo, per occuparsi del trasferimento dall’Egitto e delle procedure necessarie. Ma fino a ieri nessuna notizia, ha spiegato la madre, Egidia Beretta, che è anche sindaco di Bulciago, il paese dove vivono gli Arrigoni. «Non abbiamo ancora potuto fissare i funerali, lo faremo appena ci sarà una certezza».
L’unica certezza per la famiglia Arrigoni e la cosa che più sembra permere ai genitori adesso è che la salma di Vittorio non passi per Israele. I genitori hanno infatti respinto anche l’appello dello scrittore israeliano Etgar Keret, che aveva chiesto di ripensarci per non trasformare «il suo ultimo viaggio in un simbolo dell’odio e del rifiuto verso coloro che considerava nemici». Ma la rabbia nei confronti di Israele - che pure nessun ruolo ha giocato in questa storia di odio e morte, resta e sembra persino più viva dell’odio della famiglia nei confronti dei carnefici di Vittorio. «Israele non lo ha voluto da vivo e non lo avrà neanche da morto», ha detto la madre. «Vittorio non poteva entrare in Israele, perché lo avrebbero arrestato. In Israele era stato picchiato, incarcerato, era considerato un indesiderabile. Vittorio era entrato a Gaza passando da Rafah e tornerà a casa attraversando lo stesso valico, che porta in Egitto». Una questione che la famiglia ritiene più importante perfino degli arresti scattati dopo l’assassinio. «Non mi interessano, non ora, ho altro a cui pensare», ha detto la madre nel giorno in cui si è diffusa la notizia che la «mente» del sequestro e assassinio del volontario italiano sarebbe un salafita giordano, noto come Abdel Rahman. Secondo quanto risulta ad Hamas, l’uomo, noto come «il giordano», sarebbe entrato a Gaza dal Sinai. Le autorità giordane hanno già avviato un’indagine per verificare se l’informazione diffusa dal quotidiano israeliano Maariv sia fondata, ma hanno precisato che al momento «è assolutamente prematuro puntare il dito» contro presunti colpevoli.
La morte di Arrigoni, insomma, non è servita a placare gli animi, come non è servito l’appello dello scrittore israeliano. Anche per questo, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Carlo Giovanardi, ha voluto esprimere vicinanza a Israele oltre che alla famiglia della vittima: «Al dolore e alla costernazione per la barbara esecuzione del giovane volontario Vittorio Arrigoni è doveroso aggiungere una ferma e convinta solidarietà alla comunità ebraica e allo Stato di Israele, che ancora una volta si tenta di colpevolizzare, minimizzando così le responsabilità dei fanatici che ne vogliono l’annientamento».
Nonostante lo scontro finito in un bagno di sangue a maggio dell’anno scorso, in onore di Vittorio, gli organizzatori della Freedom Flotilla 2, in partenza a fine maggio, hanno ribattezzato la spedizione «Freedom Flotilla - Stay human», per ricordare l’adagio con cui Arrigoni firmava i pezzi da Gaza sul suo seguitissimo blog Guerrilla radio. Nonostante l’omicidio di Arrigoni, «nessuno si è ritirato, anzi, in queste ore stanno arrivando fiumi di candidature e noi siamo più determinati che mai», ha spiegato Maria Elena Delia della Freedom Flotilla Italia.

L’impegno di Vittorio è stato ricordato anche dal premio Nobel irlandese Mairead Maguire, che lo aveva conosciuto al suo arrivo a Gaza nell’ottobre 2008 e che ha scritto una lettera alla famiglia Arrigoni ricordando «la sua gioia, il suo entusiasmo e la sua grande energia così in evidenza, anche mentre ci raccontava della profonda sofferenza della popolazione di Gaza, con la quale aveva deciso di vivere e lavorare». Anche per questo la Provincia di Milano ha deciso di proporre il giovane per il «Premio Enzo Baldoni e reporter italiani caduti sui fronti di guerr».

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