Controcultura

A caccia di Omero fra le spie dei Balcani

Ismail Kadare è nato ad Argirocastro nel 1936. Ha vinto numerosi premi letterari internazionalied è considerato da anni il più importante scrittore albanese. È stato più volte candidato al Nobel.

A caccia di Omero fra le spie dei Balcani

Non parte di certo sotto i migliori auspici, il viaggio in Albania di Willie Norton e Max Roth, accademici americani di origine irlandese: la moglie del primo, per giustificarne la lunga assenza, avrebbe preferito qualcosa di facile da raccontare, magari una banale sbandata sentimentale. Persino il console, a Washington, prima di firmare il visto per il Paese delle aquile scoppia a ridere e li tratta come folli. Passare alcuni mesi nei Balcani per studiare Omero, suvvia, potevano inventare una bugia migliore. Né il tasso di credibilità della spedizione cresce quando gli studiosi giungono a destinazione tirandosi dietro una valigia pesantissima piena di schede e di un ordigno misterioso chiamato «magnetofono»: il ministro degli Interni albanese li prende subito per spie e allerta il viceprefetto della città di N., dove i ricercatori temporaneamente alloggiano. Si ritroveranno alle costole due spie vere: una dallo sguardo acutissimo, ma pressoché sorda, l'altra dall'udito eccezionale, ma quasi cieca. L'invito del viceprefetto a una partita a bridge, presente la migliore società cittadina, non cava un ragno dal buco: sangue irlandese non mente e in mancanza di birra i due vuotano più di un bicchiere di raki, ma assicurano di essere venuti in Albania, che faccia tosta, solo per studiare Omero.

Tanto sconcerto, purtroppo, è inevitabile: come spiegare ai profani che la questione omerica, la domanda sulla genesi dell'Iliade e dell'Odissea, negli anni Trenta del secolo scorso è alla vigilia di un terremoto che muterà profondamente il modo di intendere l'epica? «Homère: n'a jamais existé» scherzava già Flaubert nel Dizionario dei luoghi comuni. Ma se Omero non è mai esistito, come dimostrare che l'Iliade è stata composta dai rapsodi che percorrevano l'Ellade cantando le gesta di Achille, visto che erano analfabeti? Probabilmente qualcuno che sapeva scrivere si era fatto dettare da loro la vicenda della guerra di Troia; ipotesi allettante, ma impossibile da dimostrare. A meno che...

A meno che nell'epoca del treno e dell'elettricità non vi siano ancora dei bardi impegnati a cantare un'epica. Sospinti da tale speranza, Norton e Roth fanno di nuovo le valigie per dirigersi verso il selvaggio entroterra della regione. Scenderanno in una locanda dove con un pizzico di fortuna può capitare che si fermi a dormire, e a recitare i sanguinari versi dell'epica balcanica, un autentico rapsodo. Finché un giorno, finalmente, in fondo alla strada appare l'Omero albanese, temibile e forse omicida, le iridi frammentate come uno specchio rotto.

Nel Dossier O. (La nave di Teseo, pagg. 224, euro 19) il massimo scrittore albanese Ismail Kadare gioca magistralmente con le suggestioni più colte e drammatiche: le spie sorde o cieche alludono alla visibilità della scrittura e udibilità della tradizione orale, le due modalità di comunicazione che per secoli si sono disputate le spoglie dell'epica; quanto all'ingombrante bagaglio che accompagna i due ricercatori, difficile non ricordare che dopo aver rivoluzionato gli studi omerici Milman Parry, il geniale filologo adombrato nel personaggio di Willy Norton, scomparve poco più che trentenne disfacendo una valigia che nascondeva una pistola carica. Partì un colpo, morì versando il suo sangue.

Come un'eroe greco, o albanese.

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