Caccia al rapinatore innamorato fuggito col lenzuolo dal Fatebene

Caccia al rapinatore innamorato fuggito col lenzuolo dal Fatebene

Lenzuola annodate e via andare. L’episodio fa più parodia - come Totò che non vuole scappare di prigione con le tenebre per evitare di essere un «evaso di notte» - che vero film «noir». Ma il buon Mirco, ventiquattrenne tossicodipendente e rapinatore di banche non aveva molta scelta se voleva rivedere la moglie a cui era stato strappato pochi giorni dopo le nozze. Così con le famose lenzuola annodate si è calato dalla finestra dell’ospedale in cui era ricoverato, e s’è involato in barba ai secondini che lo piantonavano. Adesso lo stanno cercando «tutte le auto della polizia», ma l’impressione generale è che non andrà lontano.
Non stiamo del resto parlando del «re della mala». Nasce infatti criminale solo nel 2005, beccato fuori da una banca, taglierino in mano, in sella a un ciclomotore rubato. Nel parapiglia qualcuno finisce anche a terra e si ferisce leggermente. Tradotto in termini giuridici: rapina, ricettazione e lesioni. Non ha precedenti e così rimedia un bell’affido in prova ai servizi sociali. Ma ci ricasca nel 2007, altro istituto di credito, altro arresto. E ancora il 24 gennaio del 2008, quando rimane definitivamente dietro le sbarre. Nel frattempo infatti ha maturato una condanna a tre anni e quattro mesi e incappa in giudice poco incline alla comprensione, che gli nega la libertà.
Finisce a San Vittore dove si segnala per le sue stranezze, un po’ per la lontananza dalla bella sposina, un po’ per la dipendenza dalla cocaina. Insomma dà fuori di matto e le autorità carcerarie decidono di trasferirlo in ospedale. Al San Paolo ci sarebbe il reparto detentivo, con tanto di sbarre e porte blindate, ma non per i degenti psichiatrici. Per quello bisogna ripiegare sul Fatebenefratelli, cameretta divisa con un altro detenuto picchiatello. Ma la permanenza in ospedale lo angoscia quindi l’altro pomeriggio decide la fuga: taglia le lenzuola a strisce, le arrotola, le annoda e si cala per una decina di metri. Quindi l’atterraggio su un’aiuola in via Fatebenesorelle e la libertà. Pochi minuti e l’evasione è scoperta. Le strade si riempiono di agenti che setacciano ogni possibile nascondiglio ma ormai Mirco è uccel di bosco.
Il rapinatore tuttavia non dovrebbe aver fatto molta strada. E soprattutto non ha lo spessore criminale da potersi permettere una lunga latitanza. Facile che sia lui a presentarsi in commissariato per costituirsi. Ma intanto partono anche le inchieste: una della magistratura e una dell’amministrazione carceraria. I due agenti di guardia rischiano grosso.

«Siamo ancora in fase di accertamento, l’inchiesta aperta è una prassi normale per capire come siano andate le cose - spiega il provveditore generale delle carceri lombarde, Luigi Pagano -. Non è ancora il momento di accertare le responsabilità, dobbiamo capire la dinamica dei fatti e l’indagine servirà anche per evitare che simili episodi possano ripetersi in futuro».

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