La caccia alla volpe è rock

Massimo Marracci

Primo maggio, uno dei principali quotidiani nazionali ha riservato una intera pagina alla netta presa di posizione in difesa della caccia alla volpe in Inghilterra a opera di famosissimi musicisti d'Albione. Qualche nome? Eric Clapton «Slowhand», Roger Waters leader storico dei Pink Floyd, Bryan Ferry, Mike Rutherford chitarrista dei Genesis. Titolo dell'articolo: «Clapton canta per il diritto alla caccia». Tanti contributi d'eccellenza del panorama rock mondiale, per cantare a gran voce il diritto di tanti appassionati inglesi a proseguire nella loro attività preferita. Solo per questa occasione, i grandi di cui sopra formeranno il nuovo gruppo Band du Lac. Pedagogica una dichiarazione di Clapton: «Nell'era del politicamente corretto è giunto il momento di difendere i nostri diritti». E un'altra: «A me dà fastidio che il governo possa intromettersi in questioni che non lo riguardano. La legge contro la caccia alla volpe è l'esempio perfetto di questa preoccupante tendenza».
Noi cacciatori italiani, sovente alla ricerca di testimonial di peso che appoggino l'attività venatoria, ci troviamo innanzi a un evento straordinario che merita di essere segnalato. Il fatto ci offre oltretutto la misura della capacità d'influenza della Countryside Alliance, organizzazione che opera per tutti coloro che vivono nelle comunità rurali, amandole e difendendone le attività, che ha organizzato il concerto con adesioni tanto importanti. O, se si preferisce, ci evidenzia la nostra incapacità, come mondo venatorio italiano, di fare qualcosa di analogo, pur nella consapevolezza che la caccia alla volpe Oltremanica riveste da secoli significati del tutto peculiari, essendo una miscela di tradizione, costumi, stili di vita, interessi economici, politica e altro.
Da noi, paese dalle tradizioni venatorie altrettanto forti ma più variegate, non essendovi una forma di caccia nella quale identificarsi in maniera univoca con ampi risvolti sociali, stiamo assistendo da settimane a una sorta di «febbre da concertazione»: tutti propongono tavoli su tutto: la ruralità, la biodiversità, la caccia sostenibile, la gestione agroambientale e faunistica, la presenza dei cacciatori nella società, la trasmissione di un'immagine positiva dell'attività venatoria avanzando in ordine sparso senza un apparente filo conduttore.

L'intento è lodevole, ma il risultato rischia di essere frammentario tanto quanto la strategia che lo presuppone. Forse un bel concerto risolverebbe tutto? Forse no, ma sarebbe un messaggio di grande impatto e tanto inedito da risultare spiazzante per tutti.

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