Cacciare i figli di casa per fare il loro bene

Caro direttore,
eh no, adesso esageri. Pretendere l'intoccabilità per i tuoi «adorabili» bamboccioni è troppo. E farlo pochi giorni dopo la sentenza bergamasca che obbliga un disgraziato padre sessantenne a mantenere sine die la figlia trentaduenne, fuori corso da 8, perché non ha ancora trovato nel mondo il lavoro che merita, è quasi una provocazione. Non voglio certo propinarti le solite filippiche contro la famiglia «bizzarria italiana», in cui si sono specializzati molti quasi giovani cattedratici carichi di glorie. La famiglia italiana, che tu descrivi con affetto e tenerezza, è un inimitabile prodotto del genio italico, come la commedia dell'arte o la pizza.
È anche (come sottolinea in ogni rapporto del Censis Giuseppe De Rita, una delle migliori teste pensanti di questo Paese), una straordinaria risorsa economica. Come si è visto nella crisi: quando le aziende stringono la borsa, le famiglie italiane, con la loro liberalità informale ma di sostanza, la allargano un po', e consentono a tutti di arrivare fuori dal tunnel. Queste famiglie accoglienti e liberali sono quindi anche una scuola di vita di prim’ordine, molto più efficienti di università ingessate o di aziende che cadono spesso vittime di miti del tutto irrazionali (dall'«efficienza che non guarda in faccia a nessuno» ai «derivati», per dirne due mica da ridere quanto a guasti prodotti), spesso nati proprio nelle università. Tutto vero: ma i bamboccioni no. Perché no?
Perché quando tu descrivi l'universo del «fuori casa» (bilocale mansardato basso, bagnetto, lavaggio serale delle mutande, cena in piedi davanti al frigo con avanzi miserabili), come un sintomo di imbecillità travestito da piacere dell'autonomia, dimentichi (esattamente come i ragazzi che offrono le tue stesse ragioni), un particolare sempre più trascurato, ma centrale nella formazione della personalità umana. Si tratta, caro direttore, di quella strana storia, descritta nel libro della Genesi, all'inizio della Bibbia, dove Dio, scacciando Adamo dal giardino dell'Eden, gli dice «guadagnerai il pane col sudore del tuo volto». Storie vecchie e polverose direbbe Bonino. Peccato però che ogni religione racconta, con poche differenze, una storia simile. Come mai?
Io sono psicoanalista e i bamboccioni ex-felici me li ritrovo davanti quando sono ormai fra i quaranta e i cinquant'anni. Mi sono così fatto la convinzione che ogni libro sapienziale racconti questa storia perché lasciare il giardino dell'Eden dove stendi una mano e cogli il frutto (la ragazza nel letto, il calzino lavato dalla mamma, il buffetto del papà che rimedia al capufficio villano), è il passaggio necessario perché il bamboccio diventi uomo. Ciò avviene, anche, imparando il valore della fatica, della solitudine, del «farcela» (ciò non esclude, naturalmente, che la Bibbia racconti una storia non solo simbolica, ma vera, incarnata nella storia umana. Così almeno penso io; ma non è di questo che voglio convincere te o i lettori). È anche questo che sentiva, istintivamente, l'albanese o il macedone buttandosi nel canale d'Otranto pur di arrivare sulle nostre coste; le laureate dell'est che si propongono come badanti o cameriere; ed anche gli africani (che tu hai giustamente difeso) che vengono a fare lavori che i nostri ragazzi più o meno imbabbociati non farebbero mai. Questi «disperati» (così chiamati da noi), sono molto più vitali, più forti, e quindi spesso anche più intelligenti, di quanto siano i nostri coccolatissimi figli. Tanto è vero che molti di loro, quelli che sono qui già da più di un decennio, hanno messo su le loro aziende, le loro famiglie per niente imbabbocciate, e hanno una vita più di slancio, più ricca, più sicura, di quella (spesso in bilico tra agiatezza e sfinimento) delle nostre.
Come mai, potresti chiedermi, i nostri adorabili figli dovrebbero poi venire, tra i quaranta e i cinquanta, da uno strizzacervelli un po' malmostoso come te? Te lo spiego subito. Tu parli, ad esempio, della noia di lavarsi le mutande la sera nell'infelice sgabuzzino del single, mentre la sua cara mamma è così contenta di provvedere alla bisogna. Perché dovrebbe rinunciarvi? Il fatto è che imparare a lavarsi le mutande da solo significa imparare a prendersi la responsabilità della propria sessualità. Per esempio, se prendi una sbandata di due ore, o due giorni, non correrai a raccontarla alla tua donna-mamma, o non glielo rivelerai «inavvertitamente» lasciandogli un sms sotto il naso. Sei un uomo, i tuoi panni sporchi sai lavarteli da solo, anche se si fa più fatica. Le donne vogliono uomini, non bambocci. Quando li sgamano, magari tardi perché anche loro erano imbambolate mica male, li mollano.

Ma questa è solo una ragione del bamboccio/a in analisi (osare andarci, è già un po' buttarsi nel canale d'Otranto).
No, direttore, lasciateli strapazzare per bene, questi «ragazzi». Del resto, a parte quel fondo, il tuo giornalismo è un vero manuale di antibambolismo.
Con amicizia e stima.

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