Cronaca giudiziaria

Caffo si difende: "Mai aggredito la mia ex compagna"

Il filosofo, a processo per maltrattamenti e lesioni, respinge le accuse: "C'erano liti e insulti. Ma tanto amore"

Caffo si difende: "Mai aggredito la mia ex compagna"

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«Io non l'ho mai aggredita, ci son state due o tre volte in cui ho tentato di allontanarla fisicamente perché è capitato che esplodesse o mi sia venuta contro, schiaffeggiandomi o tirandomi delle cose, dei bicchieri, è successo che l'abbia spinta, non le ho mai fatto niente, proprio no»: ha respinto così tutte le accuse della sua ex compagna il filosofo Leonardo Caffo, a processo per maltrattamenti aggravati e lesioni aggravate sulla 30enne palermitana, che lo ha denunciato nel luglio 2022 per «inaudite violenze» e «offese raccapriccianti», come si legge nel capo d'imputazione del pm Francesca Gentilini.

Ieri in aula il 35enne, assistito dagli avvocati Filippo Corbetta e Romana Perin, ha risposto per quasi quattro ore alle domande di difesa, Procura, parte civile e Tribunale. Ha parlato di «liti penose» durante i tre anni di una «relazione piena di amore» ma «condita dai problemi» a cominciare dalla gelosia della fidanzata. Nel rispondere a distanza al racconto della parte offesa, sentita nella scorsa udienza, l'intellettuale ha dichiarato: «Non ho mai rotto uno specchietto utilizzando la testa» della ragazza né «l'ho colpita in auto». Caffo non avrebbe «finto di svenire» o «distrutto oggetti dentro casa», come un tavolino in vetro proveniente dal locale gestito all'epoca dallo scrittore e le cui foto sono depositate agli atti del processo. La mano fratturata, uno dei capi d'imputazione, la 30enne se la sarebbe procurata da sola dando «un pugno allo stipite della porta del bagno» dopo una lite con lui e alcuni suoi familiari. Ancora: la caduta a terra della ragazza del 6 agosto 2019 a Palermo sarebbe stata «una discussione sul pianerottolo» e l'episodio del piede rotto nel 2021 sarebbe stato una «pedata piede contro piede, collo contro collo» dopo aver ricevuto dalla ragazza «alcuni schiaffi». Nella coppia «c'erano insulti», ha ammesso l'imputato, e sarebbero state usate espressioni dialettali siciliane come «buttati dal balcone» o «ti dovrebbero ammazzare», pronunciati solo «gergalmente» e «reciprocamente». Mai invece quelli più pesanti, contenuti nelle querele, come «sei una mer.., non vali nulla, figlia di mafiosi, menomata, malata psichiatrica, vacca». In aula si torna il 26 marzo per sentire gli ultimi testimoni della difesa.

In una delle scorse udienze la difesa si è vista respingere dai giudici della Quinta sezione penale la richiesta di celebrare il processo a porte chiuse.

I legali hanno poi chiesto di investire la Consulta ma hanno ottenuto un secondo «no», in quanto la questione secondo il Tribunale è «manifestamente infondata».

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