Cultura e Spettacoli

Cage vende morte ma salva la faccia

In «Lord of War» di Andrew Niccol l’attore interpreta un ambiguo trafficante d’armi

Girare un film dichiaratamente contro il sistema di solito giova al sistema: infatti il film non può mai dire tutto e quel che dice è ellittico, così sfugge ai più, mentre il sistema può poi vantarsi di esser tollerante. Producendo, scrivendo e dirigendo Lord of War («Signore della guerra»), Andrew Niccol era consapevole dei rischi. S’era già esercitato su un tema scottante, la genetica, con Gattaca, ma lì il sistema era quello del futuro e tutto era più facile. Per giunta Niccol è neozelandese, ma lavora negli Stati Uniti, primi esportatori di armi; quindi deve muoversi con cautela e non affrontare tutti i nemici insieme: in effetti la sua gimkana è abile, anche se allo spettatore italiano sfuggiranno le ragioni del contorto percorso del film.
Perché fare del personaggio principale di Lord of War, Yuri Orlov (Nicolas Cage), ucraino espatriato negli Stati Uniti, uno pseudoebreo? Per dire subito che è pseudo, sebbene la sua carriera di trafficante d’armi cominci vendendo Uzi israeliani. Scansata la prima accusa in cui incorre chi mostra un affarista cosmopolita, Niccol affronta il secondo problema: rendere l’affarista abbastanza antipatico da dissuadere dall’imitarlo, ma anche abbastanza simpatico da persuadere a vedere il film. Infine, negli ultimi 3 minuti - su 120 - Niccol sintetizza come funziona il mercato delle armi: ovvero dichiara il ruolo dei servizi segreti e dei governi, a cominciare da quello degli Stati Uniti, però aggiunge subito che anche gli altri Paesi membri del Consiglio di sicurezza dell’Onu hanno le loro colpe. Ma tace che, tutte insieme, Russia, Cina, Francia e Gran Bretagna non vendono metà delle armi vendute dagli Stati Uniti...
In questo gioco a rimpiattino dello sceneggiatore/regista con molti fatti mormorati e pochi mezzi-fatti enfatizzati, per bilanciare i precedenti, Niccol si ricorda evidentemente anche di esser produttore. Ovvio che ne risenta l’interpretazione del già limitato Cage, bis di quella nel Genio della truffa di Ridley Scott (2003). Quanto al personaggio della moglie (Bridget Moynahan), che lo pianta dopo aver fatto finta per dieci anni di non vedere, è goffo più che meschino.

Morale: Lord of War vale più della produzione americana corrente, ma non vale Finché c’è guerra c’è speranza di e con Alberto Sordi.

LORD OF WAR di Andrew Niccol (Usa, 2005) con Nicolas Cage, Ethan Hawke, 120 minuti

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