Cagnacci, scandaloso e spirituale

Pittore dei candidi seni femminili e della sensualità sacra e profana, Guido Cagnacci è uno dei maggiori artisti del Seicento. Inquieto, litigioso, libertino e spregiudicato quasi come Caravaggio, è stato a lungo dimenticato. La causa è la difficoltà di apprezzare gran parte delle sue opere, conservate in collezioni private. A riscoprirlo è stato il ’900, con una serie di studi culminati in una grande mostra a Rimini nel 1993. E ora ne arriva un’altra ancora più corposa, a Forlì, città che ospita nella Pinacoteca Civica due enormi quadri del pittore, di oltre quattro metri per poco più di due (Gloria di San Mercuriale, Gloria di San Valeriano), in cui a dominare sono cieli azzurri popolati da allegri e dinamici angeli musicanti.
La mostra, dal titolo «Guido Cagnacci. Protagonista del Seicento tra Caravaggio e Reni» si aprirà il 20 gennaio nei Musei San Domenico di Forli e riunisce un’ottantina di opere, del pittore e di artisti contemporanei, provenienti da musei e collezioni europee e statunitensi. Capolavori come la Testa di ragazzo cieco, di una raccolta privata di Forlì, o l’Allegoria della Vanità e della Penitenza, giunta dagli Usa. Madonne, Maddalene, Cleopatre, Lucrezie di straordinaria bellezza e modernità, nude e disinibite da far invidia a Courbet, realizzate in tempi di Controriforma. Tappe di una complessa carriera, che conduce il pittore dalla natia Romagna a Roma, dal ritorno in patria a Venezia, sino a Vienna, dove lavora alla corte di Leopoldo d’Asburgo e muore nel 1663, a sessantadue anni.
A far da modelle alle figure femminili, sacre e profane, erano le compagne del pittore. Quella, ad esempio, che a Venezia nel 1649 si vestiva da uomo per non essere notata, mentre Cagnacci viveva in incognito col nome di «Canlassi». O la nobile riminese Teodora Stivivi, vedova Battaglini, con cui il ventisettenne pittore aveva tentato di fuggire tra le ire del padre, che l’aveva addirittura denunciato all’autorità pontificia e in parte diseredato.
Cagnacci aveva studiato in Romagna, assimilando il naturalismo di Ludovico Carracci e Guercino. A Roma lo colpiscono Caravaggio e i caravaggeschi, da cui trae realismo e sensualità. L’incontro nel 1640 con la pittura idealizzata di Guido Reni aggiungerà note di sintesi, purezza e monumentalità alle sue figure terrene e carnali. Accanto a grandi pitture sacre, Cagnacci dipinge quadri «da stanza», che avranno un largo sviluppo nella libera e spregiudicata Venezia. A richiederli è una committenza di spicco.

A criticarli per il carattere «scandaloso», qualche letterato bigotto.
mtazartes@tele2.it
LA MOSTRA
«Guido Cagnacci. Protagonista del Seicento tra Caravaggio e Reni». Forlì, Musei San Domenico (20 gennaio-22 giugno).

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