La Cagnotto di bronzo tre metri sopra il cielo

Nostro inviato a Melbourne

Dice papà: «Lei è così, deve toccare il fondo per risalire». Conferma l’interessata: «Pare proprio sia così, però sono un po’ stufa di stare sempre tanto male. Preferirei andar bene subito». Casa Cagnotto. Scene da una medaglia. Ancora bronzo, ancora dal trampolino dei tre metri. Come prima, più di prima. Tutto torna a Montreal 2005: stessi tuffi, stessi tonfi, stesse scene. «Mi sembrava quasi impossibile ripetere tutto. Dicevo: due cose così non capiteranno mai: o faccio macello oppure non so. Non ci ho creduto finchè non è andata».
Tania adesso ha la faccia di una appena uscita dalla parrucchiera, dalla boutique di moda o dal gioielliere. Dopo il tuffo nel vuoto, dalla piattaforma dei dieci metri, ha pianto di rabbia. Stavolta un pianto polemico: contro se stessa e forse il destino. A Montreal fece fiasco dai 10 metri, ritrovò se stessa dal trampolino che poi era la specialità di papà. Stavolta sentiva tremar le gambe , si è ritrovata nel solito faccia a faccia con le cinesi: Jingjing Guo (prima nella storia a vincere quattro mondiali) e Minxia Wu, nulla di nuovo dal fronte orientale. Semmai questo bronzo dice qualcosa di nuovo a lei: «Mi ha dato la conferma che a Montreal non è stata soltanto una giornata di gloria. Mi ha detto che posso rimanere su questo livello. Sono dopo le cinesi, però ho fiducia: mi sto avvicinando. In gara ho sperato anche di batterne una, aveva un po’ mollato».
In un mondiale due medaglie dei tuffi sono il segnale che il movimento cresce. La riscossa della Cagnotto è il marchio di garanzia della casa madre. Racconta Tania: «La medaglia di bronzo di Sacchin ha aiutato anche me. Quel giorno ero proprio giù di morale. Mi ha tirata su». Piattaforma amore e odio. Ieri papà Giorgio è stato chiaro: «Inutile andare avanti. Lavoriamo solo sul trampolino per migliorare nei particolari». Nel giorno del ritorno alla vie en rose, dopo l’esperienza americana e un anno vissuto avventurosamente, Tania sa che il distacco è vicino. «Con la piattaforma ho una sfida aperta, mi fa soffrire: allenamenti duri, faticosi, paurosi perché mi sono anche fatta male. Volevo chiudere in bellezza per dimenticarmela. Maledetto il giorno in cui ho iniziato. Anche se l’oro europeo, vinto a Madrid, valeva la pena». Pensieri in libertà di una ragazza che si è fatta un nome. Malgrado il nome di papà.
Anche ieri è stata vita dura: una caviglia malconcia, gambe tremolanti. «Sensazioni che di solito non ho». “Tania argento” non ha voluto concedere vantaggi alle avversarie. «Non ho voluto la caviglia fasciata per non influenzare i giudici». Nei preliminari del giorno prima aveva quasi rischiato di non entrare nella semifinale: salvata dall’ultimo tuffo. Nella semifinale ha sbagliato molto ed è finita ottava.

In finale ha dato il meglio nel quarto tuffo, quello che la preoccupava di più. «Ed invece nel quinto, il mio cavallo di battaglia, ho lasciato qualcosa». Non la medaglia, non i sogni, non il buon umore. Ora la Cina è più vicina.

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